Trama
“Il viaggio di Felicia” di William Trevor è un romanzo che esplora temi di solitudine e di dolore affrontando le complessità delle relazioni umane anche nei suoi risvolti morbosi.
Felicia, una ragazza irlandese di 17 anni, decide di partire dall’Irlanda per cercare il suo amore Johnny, partito per l’Inghilterra dopo aver avuto con lei una storia. Convinta che Johnny la accoglierà con il suo bambino, Felicia è destinata a incontrare un destino ben più oscuro. Il suo viaggio, coraggioso e pieno di insidie, la porterà alla conoscenza di un distinto signore Mr Hilditch, un direttore di una azienda alimentare, stimato e apparentemente per bene, che mosso da compassione la aiuta e la accoglie nel calore della sua casa.
Hilditch rivela però una doppia personalità e dietro la sua compassione e dolcezza si nasconde un individuo psicopatico, affetto da una profonda solitudine, con un passato di abusi che ha distrutto già molte giovani vite. Felicia è giovane ed ingenua, si lascia manipolare al punto di abortire, ma quando capisce di essere seriamente in pericolo, riesce a scappare salvandosi la vita.
Hilditch muore suicida e Felicia rimarrà in Inghilterra a condurre una vita povera in strada.
Le nostre riflessioni
“Il viaggio di Felicia” è un romanzo in cui l’autore riesce a dipingere ritratti sfumati e profondi dei protagonisti, con un risvolto giallo / thriller che offre una suspense da romanzo noir in un’atmosfera malinconica, immersa nella bruma, anche metaforica, di certi ambienti e di certe vite. Siamo negli anni ‘90, l’Inghilterra esce da un periodo durissimo, da una crisi industriale forte che esacerba i conflitti e gli animi.
Sullo sfondo dell’ambiente irlandese invece c’è uno spirito profondamente cattolico e il conflitto con l’Inghilterra è ancora sentito e forte. Felicia fugge dalla famiglia perché il “suo Johnny” è un militare che va a combattere in Inghilterra, quindi un traditore.
Ma più forte dell’ambientazione e del contesto è il dramma umano di solitudine, dolore, abuso e manipolazione che dal protagonista si riversa sulla giovane, dall’animo purissimo.
Trevor riesce a esprimere le sfide e le speranze di Felicia, rendendo il lettore partecipe delle sue esperienze e delle sue riflessioni. La narrazione è ricca di dettagli che trasportano il lettore in un viaggio che va oltre il semplice spostamento da un luogo all’altro.
I temi forti quali la violenza nei confronti delle donne, l’aborto, la disillusione amorosa e il dolore umano, intenso e profondo, oltrepassano l’etica e danno l’opportunità di riflettere e cercare risposte. La scelta di non tornare nella casa patriarcale non è una fuga da parte di Felicia, ma un atto di coraggio che paga però con una vita da randagia. Forse una maniera di autopunirsi?
Molti altri sono i temi trattati, l’infanzia devastata dagli abusi e dalla disillusione, l’amore mancato che Hilditch ricerca nelle ragazze, il tema dell’abbandono, come retaggio di un’infanzia infelice, e ancora il tema della madre cattiva, nel cui rapporto si cercano, forse, le ragioni della follia.
Sicuramente un romanzo che molti dei partecipanti al circolo hanno apprezzato. E che però ha degli aspetti disturbanti e delle irregolarità un poco pesanti nella struttura: i continui flashback, i nomi delle ragazze uccise che talvolta affaticano la narrazione, i sogni di Felicia, la presenza di una setta che riesce ad agganciare Hilditch e Felicia, rappresentano elementi che spezzano la prosa e la trama.
Un viaggio difficile appunto: fisico, metaforico, sentimentale, con la vita e la morte come limiti e con i sentimenti umani quali l’amore, la paura, il coraggio, il desiderio di riconoscimento a fare da strada verso una conclusione che da alcuni è vista positivamente (Felicia è viva!) da altri in modo pessimistico (Felicia è sì viva, ma la sua vita è infelice e povera).
Un libro che ha inspirato un bellissimo film del regista Etom Egoyan del 1999 che ha scelto un finale felice per la protagonista.