Noi e il cane

Come costruire una corretta relazione con l’amico a quattro zampe

Il confronto con la natura ci ha sempre aiutato a dare delle risposte ai comportamenti umani. Quello con il cane, in particolare, può essere molto utile anche per capire le nostre fragilità e ripensare la società.

«In Giappone molte persone vanno in giro con il cane nel passeggino, vestito di tutto punto e con il pannolino – racconta Luca Spennacchio, istruttore cinofilo e da anni studioso di zooantropologia applicata -. Una visione che ci fa arricciare il naso, allo stesso modo di come ci infastidisce pensare ai nostri nonni che lo tenevano alla catena, un comportamento oggigiorno punito dalla legge. Nella maggior parte dei casi, in Occidente, i nostri cani condividono con noi il letto e il divano». La “normalità” è dunque un concetto che varia nel tempo e nelle diverse culture. Quindi il rischio è che fra dieci anni sarà “normale” vedere anche da noi solo cagnolini-bambini e che portare a sgambettare un cane nel bosco risulti una stranezza.

«Riflettere su come si manifesta il nostro rapporto con il cane significa prendere in considerazione una serie di aspetti che influenzano il nostro comportamento sociale – prosegue lo studioso -. L’esempio del Giappone fa emergere la difficoltà delle persone nel costruire relazioni affettive stabili, che richiedono l’abilità di trovare compromessi». Ripiegare le aspettative su un animale rappresenta la soluzione. «I cani si sono coevoluti con l’essere umano, si tratta di un’amicizia che dura da migliaia di anni e, anche se può sembrare strano, osservare le dinamiche che regolano questo rapporto ci aiuta a capire la società».

Il cane pensato e quello reale

Ma per costruire una relazione corretta anche con un compagno a quattro zampe, da dove partire? «Tanto per cominciare comprendere la differenza tra il cane pensato e quello reale – spiega Spennacchio -. È normale crearsi delle rappresentazioni mentali quando di una cosa non abbiamo un’esperienza diretta. Il cane pensato è quello che immaginiamo e che vorremmo avere, è quello visto in uno spot alla televisione, il protagonista di un libro o il cucciolo incontrato a casa di amici. Il cane reale invece è un soggetto che ha precise esigenze e caratteristiche etologiche. Gli devono essere dedicati tempo e attenzioni. Quel cucciolino molto carino visto in televisione magari a casa fa pipì in salotto e si fa i dentini dove non dovrebbe».

Il cane ha bisogno di una collocazione all’interno della famiglia e della società, che si trasforma anche tenendo conto della loro presenza. Il mondo del cibo per animali domestici è quotato in borsa, le città hanno sempre più aree cani, molti stabilimenti balneari prevedono un lettino anche per loro, le assicurazioni li includono tra i loro clienti, le giovani coppie tendono ad adottare un cane, o un gatto, piuttosto che fare figli. Gli animali sono sempre più umanizzati, ma questo non significa occuparsi di loro correttamente.

Effetto social network

Un altro aspetto che sta mettendo in crisi la società riguarda l’uso dei social network, «perché non stimolano l’approfondimento e inducono a pensare in modo superficiale – spiega lo studioso -. Hanno effetto sulla pancia più che sulla riflessione, un’attitudine che si riflette sulle decisioni importanti: anche prendere un cane è una decisione che andrebbe ben ponderata».

«I canili sono ormai stracolmi di cani reali che pagano per le irrealistiche aspettative di molte persone troppo focalizzate sul cane pensato o immaginato. Riavvicinarsi al cane reale – conclude Spennacchio – nell’ottica di una politica di prevenzione è un compito impellente che non possiamo più ignorare».

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