Sembra incredibile, ma la scienza, prima degli anni ‘90, non si era mai posta il problema che i farmaci potessero avere una risposta diversa nei due sessi. Cerchiamo allora di chiarire l’argomento “medicina di genere” con l’aiuto di Teresita Mazzei, Ordinaria di Farmacologia dell’Università di Firenze.
Quando se ne comincia a parlare?
I casi più clamorosi nell’ultimo ventennio sono stati due: il primo appartiene alla classe di farmaci antitumorali studiati per la terapia del carcinoma in fase avanzata ed inoperabile. Sperimentando il capostipite di questi farmaci, il gefitinib, con studi clinici controllati in Europa, America e Giappone, fu osservata nella popolazione europea ed americana una risposta inferiore rispetto a quella dei pazienti giapponesi. Infatti, le donne asiatiche hanno sulla membrana delle cellule del tumore polmonare un numero maggiore di recettori per il gefitinib che vi si lega e ne provoca la morte.
Il secondo è un farmaco per l’insonnia, lo zolpidem, presente sul mercato dalla fine degli anni Novanta. Fu notato un enorme aumento di incidenti automobilistici causato da donne che ne facevano uso. Queste, a parità di dose assunta, avevano una concentrazione nel sangue doppia rispetto agli uomini.
Le patologie si manifestano in maniera diversa fra i due sessi?
Sì, per età di insorgenza o, più spesso, per la sintomatologia. L’esempio più noto è quello dell’infarto del miocardio che nel maschio si presenta più frequentemente con il classico dolore toracico irradiato al braccio sinistro; nella donna, invece, può provocare un malessere vago o una vera e propria colica addominale. Durante il ricovero al pronto soccorso spesso alle donne infartuate viene fatta una gastroscopia o una colonscopia prima di giungere a una diagnosi corretta.
È vero che le donne sono le maggiori consumatrici di farmaci?
La motivazione più probabile è che si tratta in gran parte di farmaci per i quali è necessaria una prescrizione medica. È vero che sono le donne le maggiori frequentatrici degli ambulatori dei medici di famiglia, lamentando più sintomi e, quindi, ottenendo più prescrizioni.
Gli effetti collaterali preferiscono le donne?
Le donne hanno reazioni avverse ai farmaci pari a 1,5-1,7 volte superiori agli uomini, con tossicità che può richiedere il ricovero. La causa è che i farmaci sono sperimentati prevalentemente su giovani volontari maschi. Le medicine sono assorbite ed eliminate dalle donne molto più lentamente rispetto agli uomini, raggiungendo e mantenendo così concentrazioni più elevate nel sangue più a lungo, con livelli potenzialmente tossici. Le statine, per esempio, farmaci anticolesterolo, causano più facilmente nelle donne, soprattutto anziane, dolori muscolari, mentre gli antipertensivi Ace inibitori provocano più tosse.
Nelle sperimentazioni farmacologiche le donne sono sottorappresentate?
Dopo la tragedia della nascita di migliaia di bambini focomelici provocata dall’assunzione in gravidanza della talidomide, farmaco per l’insonnia, l’organismo regolatorio dei farmaci americano vietò la sperimentazione dei nuovi farmaci nelle donne in età fertile. Da allora il reclutamento delle donne negli studi clinici è sempre stato scarso e i risultati, ottenuti da pazienti maschi, sono stati estesi e giudicati validi anche per il sesso femminile.
Trovandoci di fronte a queste evidenti differenze di genere sia per le malattie che per i farmaci, esistono Linee guida che ne tengano conto?
No. Nonostante le numerose evidenze scientifiche che abbiamo molto parzialmente illustrato, non esistono ad oggi una vera e propria Linea guida o un Protocollo terapeutico specifici per genere.