Trama
Il libro narra del faticoso momento di svolta nella vita di Emilia, un’adolescente di trent’anni, che ha vissuto l’inferno del carcere minorile per un efferato delitto commesso a 15 anni e che si porta dietro, ma soprattutto dentro, la pena infinita di un’adolescenza stroncata, mai fiorita e una grande ansia/paura per il futuro, oltre al rimorso che la attanaglia fin nelle viscere.
Il suo incontro con Bruno, altro personaggio cupo, che ha conosciuto il male – per averlo subito, anche lui in tenera età – fa scattare degli strani meccanismi, che si configurano come una richiesta di aiuto reciproco, come una ricerca di soluzione “per sottrarsi a un futuro in cui entrambi hanno smesso di credere”.
La vicenda si snoda in un breve lasso di tempo a Sassaia –località di montagna isolata dal mondo, luogo ideale per creare l’illusione di poter sfuggire al proprio passato – e brevi tappe a Milano (dove vive Marta, amica/pilastro fondamentale che ha supportato la vita sequestrata di Emilia) e Ravenna (dove tutto è nato e dove il dissidio interiore della protagonista deve catarticamente ricomporsi, affinché la persona possa riconoscersi e guardarsi). Attorno ai due protagonisti ruotano altri personaggi di grande spessore, il padre di lei, la sorella di lui, la gente di Sassaia e del vicino borgo più grande di Alma, con i loro caratteri, le loro debolezze, ma anche con le potenzialità e una grande forza d’animo.
La citazione degna di nota
Studentesse è una parola che contiene un movimento, una transizione. Studentesse è quella parola che vi porta fuori dalla gabbia. Non solo questa, ma anche quella che avete nella testa. Nel modo in cui vi pensate. In cui vi hanno educate. In cui gli altri vi hanno guardato e giudicato. Come se le persone potessero essere solo giuste o solo sbagliate per tutta la vita! Cambiare è la nostra natura. Il linguaggio” i suoi occhi avevano fiammeggiato, “è la prima possibilità di cambiamento. Perché si: se le chiamate in un modo diverso, le cose cambiano”
Le nostre riflessioni
Il libro di Silvia Avallone è stato variamente accolto: da una netta stroncatura, da parte di chi ha manifestato noia e irritazione per delle aspettative assolutamente mancate, ad una posizione di notevole considerazione dell’importanza dei temi trattati dall’autrice, come pure delle modalità da lei scelte per affrontare argomenti così delicati come quelli delle pulsioni adolescenziali, delle prospettive di vita in un carcere minorile e soprattutto dell’erosione psicologica provocata dal pentimento.
La vicenda ci richiama alcuni atroci episodi di cronaca nera minorile che si sono verificati in Italia nell’ultimo decennio, ma riporta alla mente anche accadimenti contemporanei che purtroppo occupano sempre più la scena mediatica, con una utilizzazione/rappresentazione selvaggia e patologica di eventi criminosi da parte dei mezzi di comunicazione di massa, soprattutto televisivi.
L’autrice ha scelto di trattare questo tema spinoso ponendosi dal punto di vista – non della vittima – ma del carnefice e mette in risalto l’elemento del pentimento e del rimorso, come valore e capacità dell’essere umano, come elemento essenziale per un vero percorso di riscatto. In questo percorso vengono messe in evidenza sia le potenzialità della Società – in particolare attraverso le possibilità formative offerte dal sistema carcerario – sia il contributo personale individuale (di Emilia, con il suo rodimento interiore), familiare (del padre) e amicale (Marta). La riflessione del gruppo di lettura si spinge a chiedersi cosa può essere messo in campo, in generale, per favorire un’educazione in tal senso e, dall’altra parte, a riconoscere che nella attuale Società il confine tra il bene e il male è sempre più indistinto e fluttuante, come pure lo sta diventando il limite tra la realtà e il virtuale.
La maggior parte dei lettori del gruppo ritiene che la vicenda narrata dall’autrice sia abbastanza irreale, con la presenza di stereotipi, coincidenze che lasciano perplessi e punte anche di banalità, ma allo stesso tempo proporzionata e adeguata al tema. Lo scorrere della trama è sapientemente congegnato, per arrivare a scoprire piano piano l’intimo conflitto della protagonista, riportandolo in superficie contemporaneamente alla sua presa di coscienza e provocando una vigile attenzione da parte del lettore, che fin dall’inizio viene avvertito dell’enormità del delitto. Qualcuno ha rilevato che nel libro non c’è un vero e proprio scavo psicologico, di ricerca degli elementi chiave nella figura dei personaggi, ma ci si affida alla “banalità del male” per spiegare/raccontare le vicende criminose commesse. Di contro, altri ritengono che l’autrice voleva far risaltare, non l’introspezione, ma il fattore del pentimento e l’esame delle possibilità –personali e sociali – di riscatto.
Il metodo adottato dalla scrittrice vede il susseguirsi di più narrazioni, quella diretta e angosciante di Emilia, quella di Bruno, in presenza di azioni proprie, e quella più descrittiva e oggettivante del narratore onnisciente.
La figura del padre è stata particolarmente apprezzata, dal punto di vista caratteriale e relazionale.
Da un punto di vista stilistico generale, il libro non viene ritenuto di particolare valore, ma si riconosce che ha fatto molto riflettere
Le parole chiave del libro
Libertà
utopia
diritto allo studio
progetto
terrore
passato
odio