Trama
In una Ferrara ricca, affascinante ma oppressa dal fascismo, un giovane studente ebreo, voce narrante del romanzo, incrocia il suo destino con quello di Fadigati, un maturo medico di chiara fama. L’amicizia che nasce fra i due farà scoprire al narratore che dietro tutta la cultura e la raffinatezza del dottor Fadigati si cela un abisso di solitudine dovuto alla sua presunta omosessualità. Un peccato che l’Italia di allora non contemplava fra quelli che potevano essere redenti… E gli occhiali d’oro dello stimato professionista diventano il simbolo di una diversità sempre meno tollerata, così come l’appartenenza all’ebraismo del narratore.
La citazione degna di nota
Che cosa dovrei fare? – lo interruppi con impeto. – Accettare di essere quello che sono? O meglio adattarmi ad essere quello che gli altri vogliono che io sia?
Le nostre riflessioni
Questo è uno di quei libri che ha messo tutto il gruppo d’accordo: la scorrevolezza, le descrizioni immersive, il realismo dei personaggi, il cinismo delle parole di Bassani sono solo alcuni degli elementi che colpiscono di questo libro. Anche la relativa brevità è stata considerata un pregio, in quanto esalta la capacità dell’autore di raccontare una storia di resistenza, diversità, fragilità, in un contesto storico in cui sono inevitabili dei grandi cambiamenti sociali.
Tra un capitolo e l’altro è così facile immergersi nella lettura che quasi sembra di vedere un film, di essere lì con i protagonisti, di percepire la solitudine e il disprezzo verso l’altro grazie all’attenta scelta delle parole. Sia la prima parte incentrata su Fadigati sia la seconda più incentrata sul narratore, esprimono molto bene la solitudine dei due protagonisti, come se vivessero quella realtà solo da spettatori.
Un libro che nonostante la densità non risulta pesante ma piuttosto un grande spunto di riflessione che lo rende un classico del genere.
Lo consigliamo a...
A tutti i lettori, di tutte le età, soprattutto ai giovani
Le parole chiave del libro
Resistenza
diversità
solitudine
cinismo
omofobia
fascismo