Italia, Paese della cultura ma… con la cultura non si mangia, citando l’ormai celebre dichiarazione attribuita a un noto politico che ha sempre smentito di averla pronunciata. Con la cultura, al contrario, si mangia, e di cultura si vive e si cresce.
A pensarla così è Massimo Bray, direttore generale dell’Enciclopedia Treccani e ospite del convegno “Una cultura per tutti”, promosso da Unicoop Firenze e in calendario il 19 settembre a Palazzo Vecchio, che ha detto la sua sul tema: «La cultura ci rende consapevoli del luogo in cui viviamo, della sua storia, delle sue tradizioni. Ma non solo: la cultura, in un certo senso, salva, dalla povertà educativa, dalla disgregazione sociale e dai conflitti interetnici – continua Bray -, generando condivisione e costruzione di nuovi legami. La cura per il luogo in cui viviamo può essere antidoto allo spopolamento, al disinteresse e persino allo sfruttamento indiscriminato del territorio».
Se cultura e conoscenza hanno da sempre un ruolo cruciale nello sviluppo della società, che anche la nostra Costituzione riconosce all’articolo 9, quella dibattuta frase nasconde un pensiero comune a molti, spiega Bray: «L’idea che “con la cultura non si mangia” è sconfessata da miriadi di esempi di rilancio di interi territori proprio attraverso la cultura, ma rimane un pregiudizio ancora duro da abbattere. Purtroppo, poi, nei periodi storici caratterizzati da un grave senso di insicurezza economica, politica e sociale, la cultura è spesso la prima a farne le spese».
I numeri della cultura
Sul ruolo della cultura il dibattito è sempre aperto, ma a parlare sono soprattutto i numeri. L’Italia si trova, infatti, tra gli ultimi Paesi nella classifica della spesa pubblica destinata ai servizi culturali: secondo le stime Istat del 2022, ad esempio, la spesa pubblica italiana per la cultura è pari a 5,1 miliardi di euro, contro 14,8 e 13,5 miliardi di Francia e Germania. Fra i dati poco confortanti, quelli della classifica annuale dei musei più visitati al mondo, stilata dal “Giornale dell’Arte” con “The Art Newspaper”. Il Bel Paese, depositario di oltre il 65% del patrimonio storico e culturale del mondo, nelle prime trenta posizioni ha solo due musei: al quinto posto, quelli Vaticani (che, a rigore, non appartengono all’Italia), e la Galleria degli Uffizi al 26° posto.
Sapere e saper fare
Tante le leve per riportare la cultura al centro del Sistema Italia, ma una sopra le altre è la scuola che, nella sua etimologia riportata dalla Treccani, è proprio il luogo dedicato al tempo libero per la mente: «Sempre più spesso – spiega Bray – capita di sentir dire che la scuola dovrebbe soprattutto inculcare competenze pratiche e spendibili nel mondo del lavoro, senza preoccuparsi della formazione armonica di un individuo.
Purtroppo questo modello educativo è arido e inadatto ad affrontare l’esperienza sociale e culturale di un mondo globalizzato. Ben venga il saper fare, ma senza mai dimenticare che la conoscenza – che non è sinonimo di mero nozionismo – è la chiave per costruire una cittadinanza consapevole».
Ripartire dalla scuola
Un ascensore sociale bloccato da oltre venti anni, una scuola carica di nodi irrisolti: da dove ripartire dunque perché la scuola sia luogo di crescita e trampolino di lancio per la vita? «Quello che serve davvero alla scuola italiana – risponde Bray – è un nuovo paradigma educativo per mettere gli studenti in condizione di interpretare autonomamente la complessa realtà di oggi. Bisogna, in primo luogo, ascoltare di nuovo la voce degli insegnanti, che quotidianamente vivono a contatto con mille difficoltà, dai problemi strutturali alla carenza di fondi, dalla sfida dell’integrazione all’inclusione delle famiglie più colpite dalle difficoltà economiche: seppur nel giusto riconoscimento del merito, la scuola deve tornare a essere il luogo dove si lavora tutti insieme senza lasciare nessuno indietro e dove si formano i cittadini del futuro. È questo che ci insegna la Costituzione!».
Prenotati per il convegno. I posti sono esauriti.