Trama
Francesco Ingravallo, detto “Don Ciccio”, commissario della Squadra Mobile di Roma, viene incaricato di indagare su una rapina ai danni della contessa Teresa Menegazzi, la quale è stata aggredita e derubata dei suoi gioielli. La rapina è avvenuta al terzo piano di un palazzo signorile al civico 219 di via Merulana, a pochi passi dal Colosseo.
Il commissario Ingravallo conosce bene quello stabile da quando frequenta la casa di Remo Balducci e di sua moglie Liliana, una signora ancora giovane e bella, afflitta da un frustrato desiderio di maternità. Trascorsi pochi giorni dal fatto Ingravallo viene informato dell’omicidio di Liliana, la quale è stata trovata sgozzata in casa sua dal cugino Giuliano Valdarena, che era andato a trovarla prima di trasferirsi a Genova.
Liliana era da sola al momento dell’omicidio, perché il marito Remo era fuori per lavoro. Chi ha ucciso Liliana Balducci? E chi ha compiuto la rapina nell’appartamento di fronte, a casa della contessa Menegazzi? Per il commissario Ingravallo inizia un’indagine difficile e contorta, un pasticcio senza soluzione.
La citazione degna di nota
Sosteneva, fra l’altro, che le inopinate catastrofi non sono mai la conseguenza o l’effetto che dir si voglia d’un unico motivo, d’una causa al singolare: ma sono come un vortice, un punto di depressione ciclonica nella coscienza del mondo, verso cui hanno cospirato tutta una molteplicità di causali convergenti. Diceva anche nodo o groviglio, o garbuglio, o gnommero, che alla romana vuol dire gomitolo. Ma il termine giuridico «le causali, la causale» gli sfuggiva preferentemente di bocca: quasi contro sua voglia.
Le nostre riflessioni
Il “pasticciaccio brutto” è evidentemente un fattaccio, lo scioglimento degli intrighi e dei retroscena che si accumulano sulla pagina non porta a nessuna conclusione, a nessuna rivelazione di verità, ma veniamo catturati dal complesso mosaico di immagini, digressioni e salti linguistici in cui abbondano figure ridondanti, neologismi, dialettalismi e regionalismi; e dalla cornice del romanzo che è quella della Roma dei salotti e quella delle strade, della gente comune, colorata, rumorosa: una miriade di personaggi che lottano per emergere o per sopravvivere.
Umanità varia a cui Gadda dà voce utilizzando un miscuglio di vari dialetti italiani, il romano che la fa da padrone ma anche il molisano, il napoletano, il veneto… e lunghe riflessioni sull’animo umano e sulla società italiana ai tempi del fascismo, tradotte in un linguaggio forbito e desueto, che passano in esame vizi e virtù, soprattutto vizi, dell’Italia e degli italiani di quegli anni, o forse di qualunque epoca.
Le parole chiave del libro
Omicidio
mistero
Roma
Fascismo
Italia
dialetti
indagini