«Io ho fotografato anche tanti paesaggi, però a me interessavano gli esseri umani, la loro vita, soprattutto quella dei poveri, di quelli che non possono parlare, di quelli che sono schiacciati dal potere». In questa affermazione, tratta da una conversazione di Lisetta Carmi con Giovanni Battista Martini, curatore del suo Archivio, c’è l’essenza del lavoro della fotografa a cui Villa Bardini a Firenze dedica la mostra monografica “Lisetta Carmi. Suonare Forte”.
Curata dallo stesso Martini, e pensata insieme a lei – racconta – quando era ancora viva (è scomparsa a luglio dello scorso anno), deve il titolo a un’intuizione, perché “suonare forte” altro non era che un cartello affisso dalla stessa Carmi fuori dalla porta, «ma in qualche modo diventa la metafora della sua vita: questo modo di vivere forte, di suonare forte (è stata anche pianista, ndr), il fatto di aver affrontato temi che erano dei tabù all’epoca, e di aver segnato con altrettanta forza il linguaggio della fotografia».
Con gli operai e i travestiti
Il percorso espositivo si articola in 9 sezioni e 180 fotografie che documentano vent’anni di vita professionale tra gli anni ‘60 e ‘70. C’è il tema del lavoro, con le immagini delle drammatiche condizioni dei lavoratori nel porto di Genova, sua città natale, o le fabbriche con le lavorazioni più spettacolari e pericolose, come la colata dell’acciaio all’Italsider.
Ci sono le donne, protagoniste di una serie di immagini crude del parto, o degli incontri fatti nei tanti Paesi visitati; o gli scatti ripresi nel sottosuolo di Parigi, che diventano un libro d’artista, Métropolitain; e la sezione dedicata a Luigi Dallapiccola, in cui la prima vita di pianista di Lisetta Carmi dialoga con la fotografia nel lavoro dedicato al Quaderno musicale di Annalibera del compositore fiorentino di adozione, attraverso undici fotogrammi astratti che sono l’interpretazione grafica di undici brani scritti dal musicista.
E ancora quelli nati da sei anni di assidua frequentazione con la comunità dei travestiti, dal 1965 al 1971, nel centro storico genovese, con i quali rivendica il diritto di ogni individuo a determinare la propria identità di genere.
«È importante sottolineare – aggiunge Martini – quanto sia significativo il rapporto che stabilisce con i soggetti e gli argomenti che fotografa: c’è sempre una grande empatia ma nello stesso tempo anche una grande lucidità, nel senso che non si lascia trasportare da emozioni che possono dare una interpretazione falsata della realtà, perché quello che lei cerca nella fotografia è la verità. Verità soprattutto delle realtà più emarginate, più difficili, che significa certe condizioni di lavoro o anche certe condizioni di vita. E qui mi riferisco allo straordinario reportage nella comunità allora chiamata dei travestiti: è stata la prima a portare alla luce questo aspetto della società».
Firenze e l’alluvione del ‘66
“Lisetta Carmi. Suonare Forte” è il primo appuntamento del progetto delle Gallerie d’Italia – Torino che celebra “La Grande Fotografia Italiana” del Novecento. La mostra, inaugurata lo scorso settembre a Torino – che insieme alle sedi di Milano, Napoli e Vicenza costituiscono il polo museale di Intesa Sanpaolo -, è ora promossa a Firenze da Fondazione Cr Firenze e Parchi Monumentali Bardini e Peyron. E che a Firenze porta una sezione totalmente inedita, dedicata all’alluvione del ‘66, quando, come ha raccontato la stessa Carmi, «per due giorni e una notte fotografai migliaia di libri bagnati e salvati per miracolo dai volontari, automobili capovolte, mele annegate nel fango, seggiole, bottiglie e fiaschi che galleggiavano nelle strade invase dall’acqua fangosa».
Fino all’8 ottobre. Ingresso in convenzione per i soci.
Per informazioni
villabardini.it, 0552989816