Nel Paese della Rivoluzione non si arrendono e per non alzare l’età della pensione i cugini d’Oltralpe non hanno esitato ad alzare le barricate. Più facile fu per il cancelliere Otto von Bismarck nell’Ottocento stabilire che i funzionari imperiali tedeschi lasciassero il lavoro in cambio di un sussidio a 65 anni, età considerata allora l’inizio della vecchiaia.
«L’età scelta da Bismarck trovava una ragione nell’aspettativa di vita alla nascita. All’inizio del Novecento in Italia non si superavano i 45 anni – spiega Niccolò Marchionni, geriatra e cardiologo dell’Università di Firenze -, oggi siamo arrivati a 82 anni per gli uomini e 85 per le donne. Chi mai si definirebbe vecchio a 65 anni?».
Anziani più tardi
In effetti, a quest’età oggi, se si è in buona salute, si fa sport, si viaggia, si hanno prestazioni intellettuali e fisiche eccellenti; per molti anzi comincia una nuova giovinezza. «Almeno nel nord del mondo, l’età della vecchiaia dovrebbe essere posticipata a 75 anni – spiega Marchionni -, poiché per convenzione la vecchiaia si fa cominciare dieci anni prima rispetto all’aspettativa di vita alla nascita».
Ma spostare in avanti la linea della vecchiaia non serve a nulla, se non si comincia per tempo a “lavorare” nella direzione giusta con l’alimentazione: «Gli anni di vita potenziali per un essere umano sono 120, piano piano ci stiamo avvicinando a questo traguardo, ma se non ci nutriamo nella maniera corretta, l’ultimo tratto di strada diventa in salita» aggiunge il professore. Infatti, ultimamente anche in Italia siamo tornati a parlare di malnutrizione: in eccesso e in difetto.
«Stiamo assistendo a due fenomeni opposti che ruotano intorno a uno stesso concetto, quello di un’alimentazione sbagliata. Da un lato vediamo più frequentemente aumentare l’indice di massa corporea che, se supera la soglia di 30, significa che siamo nel primo stadio di obesità. Il grasso viscerale non è solo uno sgradevole fardello estetico, ma si comporta come un vero e proprio organo metabolicamente attivo che crea uno stato di infiammazione cronica e accelera il processo di aterosclerosi. Ne conseguono malattie cardiovascolari, come ipertensione, infarto, ictus e diabete. Anche le malattie che derivano da una degenerazione delle cellule del sistema nervoso, come l’Alzheimer e le demenze, risentono negativamente di uno stile alimentare sbagliato».
Malnutrizione per difetto
Più difficile credere che nel ricco Occidente sia in crescita la cattiva alimentazione per difetto, eppure è così: «Basta aprire il frigorifero di un anziano e spesso lo si troverà vuoto o comunque male assortito. Vivendo da soli, viene meno anche la spinta a mangiare per il piacere di farlo e minori sono spesso anche le disponibilità economiche. Soprattutto, l’alimentazione dei grandi anziani è carente di nutrienti fondamentali come vitamine e proteine; la conseguenza è la sarcopenia, cioè l’impoverimento del tessuto muscolare, che insieme al decadimento osseo, dovuto alla carenza di vitamina D, che più difficilmente viene sintetizzata dalla pelle, favorisce fratture e crolli vertebrali, ma anche stati immunodepressivi e maggiore facilità ad ammalarsi».
Il carrello d’argento
La soluzione? Neanche a dirlo, la dieta mediterranea, quella vera però, come dimostrano gli ultracentenari sardi. «Il carrello argento prevede la presenza di verdura e frutta di stagione (cinque porzioni al giorno) e cereali, oltre a legumi – come ceci, lenticchie, fagioli – e pesce azzurro, da cui assumere le proteine».
Ma la curiosità resta: davvero si potrà arrivare a 120 anni? «Sì, sarà possibile. Certamente conta anche la genetica, ma gli studi dimostrano che questa può essere condizionata anche dal cibo: un patrimonio genetico non eccellente infatti può essere migliorato con un corretto stile di vita che, oltre a un’alimentazione equilibrata, preveda attività fisica regolare con almeno un’ora al giorno di passo veloce». Guai a fermarsi, quindi, e a sentirsi vecchi!