Trama
Mario Tobino racconta la sue esperienza da medico psichiatra ambientando il romanzo, quasi una sorta di diario, nel manicomio di Magliano vicino a Lucca. Le protagoniste sono le donne, le folli malate che vivono nell’ospedale, donne aggressive, tristi, erotiche, disperate, orrende, miti, malate o semplicemente fuggite dal mondo. E’ un testo rivoluzionario per l’epoca in cui è stato scritto, siamo negli anni’50 e porta a riflettere sul vero significato della pazzia.
La citazione degna di nota
Con i matti che comunicano le loro leggi io con facilità mi accomodo, si cammina sullo stesso binario e se un improvviso spettatore dovesse d’un tratto giudicare chi dei due è il malato si troverebbe incerto e tale mio esercizio, che dei giorni ripeto con frequenza, mi stanca e ritorno al mio andito con la nebbia di una vaga angoscia, quasi un convalescente, come se quei minuti che mi trasferivo nella mente del matto, abbandonando la mia, fosse come andare nell’inferno, vivere nei gironi, avere oltrepassato le fredde acque dell’Ade, e ritornassi alla vita con l’anima ancora ghiacciata dalla morte.
Le nostre riflessioni
Questo libro ha suscitato un dibattito molto interessante denso anche di racconti e di storie personali, coinvolgendo i partecipanti anche a livello emotivo. Le riflessioni sono state anche sullo “scontro” tra Tobino e Basaglia: lo scrittore pur essendo vicino alla sensibilità di Basaglia non accettò la sua legge e si proclamò strenuo difensore dei manicomi per proteggere i suoi matti. Lui infatti aveva vissuto nei manicomi, in questa strana comunità e auspicava che prima della chiusura e prima di lasciare i malati “soli” nelle città, fossero create delle strutture e servizi per accoglierli. Questo non fu fatto ma per Basaglia i diritti dovevano essere per tutti e “o si rompeva il vetro o non sarebbe successo nulla”.
Sicuramente non è una lettura che si fa per il piacere di leggere, e che dopo qualche giorno si dimentica. E’ una pietra miliare di una letteratura che ha lo scopo di denunciare una realtà e invitare il lettore all’impegno attivo per risolvere un problema grave e drammatico come quello dei manicomi.
Nel 1953, quando questo romanzo è stato scritto il manicomio era un orrore rimosso, un luogo dove recludere e nascondere un’umanità diversa, un lager accettato e istituzionalizzato. Quello di Tobino era quindi un romanzo scomodo: una denuncia urlata e un invito pressante all’impegno e al cambiamento.
Il romanzo sembra più un diario, scritto con una “prosa lirica” semplice e scorrevole che riesce ad umanizzare le malate e a trasmetterci tutto l’affetto che Tobino provava per loro e ci fa’ riflettere sulla diversità dei matti e sulla pazzia, che più che essere una patologia è un tratto della personalità che forse è presente in tutti noi.
L’unica critica è stata per l’insistenza, in molti punti del libro, sulla nudità e sull’erotismo esplicito delle donne raccontati in maniera quasi voyeuristica, cosa che ha turbato alcuni dei partecipanti.
Le parole chiave del libro
Follia
pazzia
psichiatria
donna
erotismo
libertà
diversità
diritti