Le nostre assenze

Tombaroli accecati dalla febbre dello scavo: peccato che si tratti di ragazzini dalle vite colme di fratture familiari e sociali. Un io narrante senza nome con un padre assente e una madre impreparata, diventa compagno di giochi di Michele che, molto più sfortunato, abita in una casa che assomiglia ad una discarica insieme a genitori alcolizzati e delinquenti. Michele ogni sera alla stessa ora suona il campanello ed accetta di buon grado giocattoli, vestiti, cibo ma soprattutto la compagnia di un amico, che invece lo considera con sufficienza fino ad umiliarlo. Questo finché entrambi non trovano uno scopo comune, impegnarsi insieme per risollevare le loro sorti risolvendo tutti i problemi.

Possiamo condannare e giudicare i peccati di un ragazzino di dieci anni come faremmo di fronte ad un adulto? Naspini vuole inserire crudelmente il concetto del crescere, sullo sfondo di una Toscana selvaggia degli anni ‘80. I due piccoli protagonisti fanno presto i conti su cosa significhi essere adulti: rimanere prigionieri dei ricordi, sognare e immaginare di ricominciare altrove, il doversi prendere le proprie responsabilità.

Lo scavo a cielo aperto diventa metafora della riscoperta di sé, di chi si vuole diventare e di chi siamo già: un percorso fondamentale per la formazione di ciascun individuo ma che talvolta finisce per inghiottirci. Non si può dire che la storia non stupisca! Strade nuove e inaspettate ci fanno dimenticare il passato fatto di persone presenti ma totalmente assenti nelle nostre vite.

A chiunque ricerchi emozioni forti!