«Tutti per uno, uno per tutti». Nella trattoria Dal Re della Mezza Porzione Antonio-Nino Manfredi, Gianni-Vittorio Gassman e Nicola-Stefano Satta Flores, inneggiando all’amicizia ritrovata, incrociano le forchette, come i tre moschettieri le spade, con in punta dei rigatoni al sugo, vero antidoto alla malinconia di esistenze fallite. Il film è C’eravamo tanto amati (Ettore Scola, 1974) e il messaggio che ci arriva è che non c’è tristezza che non possa essere consolata da un bel piatto di pasta.
Anche se sono passati i tempi in cui gli italiani erano famosi perché in vacanza all’estero si portavano dietro gli spaghetti, i dati dell’Unione Italiana Food relativi al 2021 indicano che ogni italiano consuma oltre 23 kg all’anno di pasta, mentre un sondaggio di Statista Global Consumer Survey riporta che nel Belpaese per l’83% della popolazione un posto a tavola la pasta ce l’ha ogni giorno.
Mai uguali
Pasta o paste? La seconda, perché se ne contano oltre 300 varietà: cambia il tipo di grano, la forma, i metodi di lavorazione, la trafilatura, la provenienza. Anche l’offerta della pasta Coop rispecchia tanta diversità per andare incontro a tutte le esigenze dei consumatori, dal prodotto di eccellenza a quello che permette di contenere i costi in famiglia, senza mai perdere di vista la qualità.
Formati diversi
Se sulla confezione azzurra c’è scritto il tipo di pasta con il punto esclamativo (penne!, fusilli! ecc.), abbiamo di fronte la linea base, cioè più conveniente, mentre si veste di verde e di grano 100% italiano la pasta classica, che si declina in diversi formati: chifferi, gramigna, spaghetti, farfalle e così via. Quella integrale, nei cinque formati di casarecce, rigatoni, mezze penne rigate, spaghetti, spaghetti quadrati, ètrafilata al bronzo per reggere al meglio la cottura, così come bucatini e mezzi rigatoni, tortiglioni e spaghetti grossi che “trafilata al bronzo” ce lo hanno scritto bello grande sull’etichetta – non ci si può sbagliare – e vanno a nozze con i sughi grazie all’aspetto tutt’altro che liscio. Stessa ruvidità anche per la pastabiologica, nelle versioni farro 100% italiano, integrale, di semola da grano duro 100% italiano, al Kamut.
Tradizione e qualità
Per Giuseppe Prezzolini, giornalista e scrittore (che si domandava in modo irriverente che cosa fosse la gloria di Dante rispetto a quella degli spaghetti), i dottori della psicanalisi un giorno non si sarebbero accontentati di far stendere un paziente sul lettino, ma avrebbero voluto vederlo a tavola con la forchetta in mano per comprenderne la psiche. Senza spingerci a tanto, ci permettiamo di dire che per chi sceglie quella Fior fiore, nella sfera dei piaceri la pasta è prioritaria. La sua qualità è garantita dal Consorzio di Gragnano e dai mastri pastai di questo Comune in provincia di Napoli, che operano un’accurata selezione di semole con alto contenuto di glutine e ricche di proteine e le impastano con l’acqua della Valle dei Mulini nel Parco Regionale dei Monti Lattari. La trafilatura dolce, rigorosamente al bronzo, e l’essiccazione lenta a bassa temperatura rendono la pasta porosa come si deve.
Per i palati più fini arriva la linea 3 Grani Pregiati Italiani Fior fiore, una piccola antologia di varietà di grano delle regioni del Centro-Sud d’Italia, selezionate e macinate sulle colline della Dauni, sovrastanti la pianura di Foggia, dal Molino De Vita. Queste poi passano al Pastificio De Matteis, situato alle falde dell’Appennino campano, uno dei più rinomati produttori italiani di pasta di grano duro, che sforna la maggioranza dei formati, mentre orecchiette, cavatelli, gnocchetti sardi e trofie escono dal Pastificio Gramm, in Puglia. Altissima qualità e, occhio, pure il prezzo sale.
Ab ovo
Anche della pasta all’uovo c’è una selezione gourmet Fior fiore, grazie alla lavorazione artigianale di fettuccine e tagliatelle di Campofilone, come tradizione regionale comanda. Già, pensando a questo grazioso borgo delle Marche, prima dell’Abbazia di San Bartolomeo vengono in mente quei fili lunghi e fini dalla storia plurisecolare chiamati maccheroncini. Il mondo della pasta all’uovo è bello perché vario, ma unito dallo stesso messaggio sulla confezione: “con uova da galline allevate a terra, senza uso di antibiotici”. Cannelloni e maltagliati, stelline e tagliolini, e poi tortellini con prosciutto crudo e lasagne verdi con spinaci. Tra le nuove arrivate, tagliatelle, pappardelle, fettuccine e paglia&fieno, chiamateLe tradizionali, fatte come quelle della nonna per una sfoglia all’uovo emiliana, rustica e corposa. Pure per la pasta all’uovo c’è la versione bio Vivi verde, con grano duro e uova 100% italiane.
Pasta sì o pasta no?
«Le Linee guida per una sana alimentazione ne raccomandano un consumo quotidiano, pari a una porzione variabile tra gli 80 e i 120 grammi a seconda di età, sesso e attività fisica». La dietista Ersilia Troiano scioglie il dilemma, sfatando definitivamente il mito che la pasta faccia ingrassare, ma soprattutto che nel gruppo dei cereali, come riso, orzo, farro, sia la sola sul banco degli imputati. «Il loro contenuto energetico è, infatti, più o meno equivalente e le piccole differenze riguardano i micronutrienti e le fibre. La pasta integrale non apporta meno calorie di quella tradizionale, ma regala in più una preziosa quantità di fibre – spiega -. Per tutti i cereali, però, attenzione alle porzioni che mettiamo in tavola e ai sughi elaborati, preferendo minestre e zuppe con verdure o legumi. Per orientarsi fra le tante varietà disponibili, l’etichetta – in particolare la lista degli ingredienti – è sempre utile, per scegliere la pasta più adatta ai propri gusti ed esigenze».
Meglio il bronzo
La trafila, da cui il termine trafilatura, è il macchinario che contiene le matrici nelle quali l’impasto di semola e acqua viene fatto passare per dare forma alla pasta. Le matrici possono essere di bronzo oppure di teflon, il materiale che riveste molte pentole antiaderenti.
Se di bronzo, ne risulta una pasta più ruvida e porosa, di colore meno deciso. L’essiccatura avviene a temperature più basse e per tempi più lunghi; insieme alla qualità della semola usata, garantisce un miglior profilo nutrizionale, a livello di proteine e sali minerali.
Se le matrici sono in teflon, come avviene nella maggioranza dei processi industriali, la pasta ha un aspetto più liscio e ha colore più vivido. Poiché l’essiccatura avviene a temperature più alte e in tempi ridotti, la componente proteica risulta ridotta.