Sappiamo che il nostro intestino è popolato da batteri che hanno funzioni importanti per la salute. Per indicare questi “ospiti”, anzi questo patrimonio, sono stati usati diversi termini come microbiota e microbioma.
«La Terra fu popolata dai batteri molto prima della comparsa dell’uomo, questi hanno permesso che l’evoluzione arrivasse all’uomo, ed hanno aiutato l’evoluzione – spiega Giorgio Tulli, consulente dell’Agenzia regionale di sanità (Ars) e del Gruppo del rischio clinico (Grc) della Regione Toscana -. Il nostro corpo ospita miliardi di organismi viventi appartenenti alle specie più diverse, l’insieme dei quali costituisce il microbiota: il numero di cellule batteriche, in un uomo medio, corrisponde a circa 0,2-1 kg di peso. Il microbiota è presente nell’intestino, sulla cute e nelle cavità corporee, rappresenta la concentrazione maggiore di una popolazione che conta milioni di miliardi di microbi di almeno mille specie, e costituiscono un patrimonio genetico (il microbioma) capace di influire sul funzionamento del nostro corpo. Il microbioma è dunque il patrimonio genetico di tutto il microbiota».
Quali malattie possono derivare dall’alterazione del microbioma?
«Il microbiota è in continua interazione con le attività metaboliche e fisiologiche di tutti gli organi e non fa eccezione il cervello, di cui è un potente modulatore dell’attività fisiologica e dunque in grado di influenzarne l’attività. Le evidenze scientifiche ne mettono in luce un ruolo centrale nel regolare lo svolgimento delle più importanti funzioni dell’uomo. Ad esempio il sistema immunitario, capace di discriminare i normali costituenti del corpo da quelli estranei; le funzioni cerebrali del sistema nervoso centrale, incluse le elaborazioni cognitive, gli stati emozionali e comportamentali. Il microbiota non solo protegge l’intestino e la cute dagli invasori come si riteneva in passato, ma istruisce e regola l’intero sistema immunitario. La comunità di batteri affronta pure il cibo non digerito, trasformandolo in sostanze chimiche in grado di influenzare lo stato di salute in generale. Questo salvaguarda l’equilibrio tra batteri “buoni” e batteri “cattivi”, la cui alterazione può causare malattie infettive e colonizzazioni, che possono attivare processi autoimmuni ed anche tumorali».
Quali sono le indicazioni alimentari e di stile di vita per una buona conservazione del microbioma?
«Occorre consumare alimenti adeguati, capaci di rafforzare i batteri “buoni” contrastando i cattivi. In particolare i “fermentati” come yogurt, crauti e kefir oltre a numerose verdure (dai porri alla cipolla) e poi frutta con il guscio, i semi oleosi, i legumi, il cioccolato fondente, il vino rosso e l’olio d’oliva. La dieta mediterranea, che prevede il consumo di verdure e frutta, oltre a specifici cibi probiotici, risulta la più favorevole al corretto mantenimento dell’equilibrio microbiotico. Occorre mangiare uova, latte, pollo, carni di bovino e suino e pesce allevati senza uso di antibiotici. Sugli stili di vita ancora non ci sono evidenze chiare, ma il fumo, l’abuso di alcol e di droghe, la sedentarietà sembrano influire negativamente sul microbioma. Ma è sull’abuso dei farmaci che si è potuto studiare meglio la formazione di un microbioma ricco di patogeni aggressori, in particolar modo la terapia con antibiotici inappropriata e/o inadeguata e per lungo tempo o indirettamente assunta attraverso il cibo. La rilevanza del ruolo svolto dal microbiota risulta ben chiara, ricordando che è oggi impiegato anche come ausilio terapeutico per il trattamento di alcune patologie gravi. Nei casi più resistenti si arriva al trapianto di feci in modo tale da rinforzare il microbioma con batteri “buoni”. È noto inoltre che il trapianto di un microbiota ricco di alcuni specifici batteri facilita il trattamento immunitario di diverse patologie».