Ricordo che una ventina di anni fa si trovavano agenzie di viaggio ad ogni angolo di strada, poi sparite come è accaduto ad altre forme di commercio oggi, dai noleggi di cassette Vhs ai negozi di materiale per svappare. All’avvicinarsi dell’estate, si correva in agenzia, facendo a gara per accaparrarsi, prima che andasse esaurito, un viaggio organizzato da qualche grande tour operator. Il traffico delle vacanze muoveva un’immensa flotta di aerei non low cost pieni di vacanzieri il cui scopo era andare lontano lontano, comunque il più lontano possibile, in un mondo piccolo piccolo e tutto da bere. Speciali sconti permettevano di trasportare i bambini a costo zero.
Sembra incredibile che le cose fossero così: oggi le vacanze si prenotano da soli in Internet, ma la guerra ha reso difficili molte rotte, e su alcune località un tempo serenamente frequentate aleggia l’ombra cupa del terrorismo, che infatti in passato ha colpito luoghi molto noti. Inoltre la nuova sensibilità ecologica costringe a dolorosi esami di coscienza, e lo stesso accade quando si sfruttano piscine in zone desertiche o si deve far largo uso di aria condizionata. Pace o aria condizionata? Ovvia la risposta, se hai un po’ di coscienza civile. Il terrore di far male al pianeta, poi, apre scenari da nuova inquisizione.
Un tempo, quando le vacanze erano segno di status sociale, di benessere e spensierata felicità, poteva accadere che qualcuno le trascorresse nascosto in cantina, introvabile e invisibile, pur di far poi credere di essere andato ai tropici. Oggi è probabile che la situazione sia diversa, e qualcuno racconti di essere rimasto a casa, mentre invece è fuggito ai tropici, in barba a Greta Thunberg e agli ambientalisti, ma senza sfidarne l’ideologia radicale, perché contrastare l’opinione comune è sempre un rischio. Salvo poi autodenunciarsi sconsideratamente, mettendo in maniera incauta su Facebook le foto della location.
Ma alcuni hanno deciso autarchicamente: vacanze in Italia. Così come si mangia italiano, si beve italiano, si mette il marchio italiano anche sulle vacanze, finché le concessioni marittime sono ancora italiane. Marchio italiano su tutto, tranne che sulla lingua, ovviamente: quella deve essere rigorosamente anglicizzata. Peccato, perché era tra le cose sicuramente più italiane, anche più dei salumi e delle vacche da carne, che magari sono nate all’estero e sono venute qui da piccole, con cittadinanza per ius domicilii. Sempre meglio dell’italian sounding.