Natalia, Danil e tutti gli altri

La situazione dei rifugiati ucraini in Polonia: anziani, donne e bambini in fuga.

Più colori per fare la pace. Li hanno chiesti i bambini della Scuola della Pace di Varsavia ai giovani della Comunità di Sant’Egidio, per disegnare due bandiere, quella ucraina e quella russa, convinti che la pace si possa fare solo in due. Perché i bambini, e sicuramente quelli che frequentano il centro gratuito di Sant’Egidio, tutti provenienti da Paesi diversi, anzitutto polacchi, ma anche afgani, iracheni, egiziani e ultimamente ucraini, come si fa la pace lo sanno. Sono i primi arrivati, pochi giorni dopo l’inizio del conflitto che ha fatto 100mila sfollati al giorno nella prima settimana di guerra. «E quando gli arrivi sono stati più limitati, non era certo un bel segnale» racconta Massimiliano Signifredi, coordinatore di Sant’Egidio in Polonia, da Varsavia, dove a marzo ha lavorato nel centro che accoglieva i profughi ucraini e dove la Comunità è assai conosciuta per la sua vicinanza a senza dimora, anziani e migranti.

Corridoi per salvarsi   

Meno arrivi, infatti, significavano la sconfitta delle evacuazioni umanitarie dalle città assediate, bombe sulle infrastrutture, su ponti e mezzi di trasporto, sulle famiglie in fuga con la vita racchiusa in un trolley. In altre parole, distruzione e morte. Il contrario della vita che, seppur sfuggita a ogni logica, si respirava a Varsavia: «Qui le persone trovano accoglienza, anche grazie alle generose donazioni di campagne come CoopForUcraina: iniziano a pensare a una nuova vita, a ripartire, in tutti i sensi».  

I corridoi umanitari sono vie legali e sicure per scappare dalla guerra e costruirsi un futuro. In Ucraina se ne è parlato per indicare le vie di fuga protette che hanno permesso ai civili di lasciare il Paese. In altri scenari di guerra indicano il progetto che la Comunità di Sant’Egidio ha realizzato per permettere ai profughi nei Paesi di prima accoglienza, confinanti con quelli interessati dai conflitti, come per i siriani in Libano, ma anche per chi fugge dai lager della Libia, di procedere verso l’Europa e nuove destinazioni. Nel caso ucraino i ministri dell’Interno dell’Unione europea già il 3 marzo hanno approvato un meccanismo di protezione temporanea in base al quale agli sfollati viene riconosciuto uno status analogo a quello dei rifugiati, per un anno, in tutta l’Ue.   

Natalia e il boato

I numeri dei rifugiati in Polonia sono altissimi, ma hanno innescato una spirale positiva di solidarietà: «I cittadini polacchi e il governo si sono adoperati per accogliere i profughi. Tutti hanno assistenza sanitaria assicurata, mezzi pubblici gratuiti e tanti hanno trovato una casa. Restano ovviamente le prime necessità da soddisfare. Ad esempio servono generi alimentari di base e per i più piccoli, beni per l’igiene personale e per la casa, ma anche cartoleria per i bambini che ricominciano ad andare a scuola qui. Tutte esigenze che soddisfiamo anche con le donazioni, visto che la solidarietà è a livello globale».

Le storie di chi si incrocia in Polonia raccontano di persone le cui normalità e “vita di prima” sono svanite da un momento all’altro: «Natalia, arrivata qui da Kharkiv, la città martire ad est del Paese, con il figlio Danil, è partita appena iniziato il conflitto – spiega Massimiliano -, lavorava in un magazzino ed aveva il turno di notte, mentre la guerra stava iniziando. È uscita a fumare una sigaretta, ha visto un lampo, sentito un boato e non ci ha pensato due volte. Ha chiamato il figlio, gli ha detto di preparare i documenti e lo zaino e qualche ora più tardi era sul treno che l’avrebbe portata qui. Insieme a lei tantissimi altri, molti anche gli studenti stranieri, se possibile ancora più incerti adesso sul loro futuro».

Anziani, donne e bambini in fuga

I centri di accoglienza di Varsavia, che poi sono magazzini e uffici dismessi, scuole non utilizzate e anche centri commerciali, sono pieni di donne sole con figli, a volte con i genitori anziani. I più indifesi hanno lasciato l’Ucraina e capita la sera di vedere intere famiglie in silenzio davanti allo schermo di un telefonino in collegamento con padri, mariti e figli rimasti al di là della frontiera.

Ma c’è anche chi è stato sorpreso dalla guerra mentre era all’estero: «Sono arrivati dei turisti che al momento dell’inizio delle ostilità erano in Egitto in vacanza. Sono sbarcati dal pullman a Chojna nel nord-ovest del Paese in pieno inverno in pantaloncini e infradito, in valigia costumi e occhialini da mare, la vecchia vita completamente scomparsa, una nuova da costruire, nel mezzo un dormitorio in una scuola abbandonata».

E proprio sulla ricostruzione si gioca il futuro: «Da molti anni Sant’Egidio è radicata in Europa orientale e la prima Comunità è nata proprio a Kiev, negli anni Novanta, per iniziativa di alcuni studenti liceali – racconta Signifredi -. Sono miei amici da anni. Ancora prima che in Polonia, in Ucraina Sant’Egidio aveva una forte presenza, per prendersi cura dei più fragili. Per questo siamo potuti intervenire con prontezza ed efficacia per l’emergenza umanitaria attuale e per l’organizzazione di nuovi corridoi umanitari per chi fugge dall’orrore della guerra. E aspettiamo con ansia il momento in cui potremo rientrare. Troveremo distruzione e lavoreremo per ricostruire, sperando che le persone che non sono potute partire stiano bene. Sarà un processo lungo e avremo bisogno di fondi e donazioni, come quelle di CoopForUcraina».

Un futuro da costruire

Per molti altri si prefigura un lungo viaggio attraverso l’Europa. In Italia risiedono già più di 250mila cittadini ucraini, ben inseriti nel tessuto sociale del nostro Paese. Sono per la maggior parte donne, lavoratrici preziose nella cura delle persone fragili nelle nostre famiglie, che saranno raggiunte dai loro parenti in queste settimane, persone che cercano una casa e nuove opportunità e a cui hanno risposto tante offerte dall’Italia. Una comunità, quella ucraina in Italia, che è destinata a crescere, mentre il numero dei rifugiati potrà toccare quota 5 milioni e l’Unicef già da inizio marzo parla di oltre 1 milione di bambini fuggiti dall’Ucraina verso Paesi vicini, in meno di due settimane dall’inizio dell’invasione russa. Una catastrofe che non terminerà neanche quando le sirene antiaeree smetteranno di suonare.

CoopForUcraina

#coopforucraina è la campagna di raccolta fondi promossa da Coop, insieme all’Agenzia Onu per i Rifugiati-Unhcr, la Comunità di Sant’Egidio e Medici Senza Frontiere. L’obiettivo è portare un aiuto immediato alle famiglie ucraine fuggite dalla guerra nei Paesi di prima accoglienza e anche a quelle arrivate in Toscana. Quanto raccolto si aggiungerà a uno stanziamento di partenza di 500.000 euro da parte dalle cooperative aderenti a Coop per fornire assistenza sanitaria, kit di primo soccorso, cibo, vestiti e accoglienza.

Si può contribuire a #coopforucraina, donando alle casse dei Coop.fi in punti della Carta socio o denaro, utilizzando la piattaforma eppela.com/coopforucraina, donando sul conto corrente dedicato (Iban – IT 36 H 02008 05364 000106357816). 

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