Cos’è?
Lo squacquerone di Romagna è un formaggio di latte vaccino, a pasta molle e a maturazione rapida, prodotto con la dicitura Dop in Emilia-Romagna nelle province di Ravenna, Forlì-Cesena, Rimini, Bologna e parte del territorio di Ferrara. Ha un aroma e un gusto delicato, di latte, e dolcemente acidulo.
La sua pasta, priva di crosta, è di colore bianco-madreperla, e ha una consistenza molto morbida, cremoso-gelatinosa. Proprio perché poco compatto, viene commercializzato in vaschetta, dentro la quale il formaggio è avvolto in un ulteriore involucro di carta per alimenti.
Da dove viene?
Nato dalla tradizione contadina romagnola, se ne trova traccia ufficiale in alcuni documenti redatti, nell’anno 1800, dal cardinale Bellisomi, vescovo di Cesena, mentre Giacinto Carena, noto naturalista del tempo, lo definiva già come “cacio tenero da mangiarsi subito e con una consistenza umida e poco soda”. Nel 2012 ha avuto il riconoscimento come Dop; l’Associazione Squacquerone di Romagna Dop, che ne segue il disciplinare, è composta da sei caseifici. Esistono anche altri tipi di squacquerone, ma non hanno il marchio Dop e possono essere prodotti in altre zone.
Perché si chiama così?
Dello squacquerone di Romagna, detto anche squacquarone, si trovano tracce nei diversi vocabolari di Romagnolo-Italiano, dove è definito squacquerato, con riferimento alla consistenza del formaggio che è particolarmente molle, fino quasi a squagliarsi.
In dialetto romagnolo, infatti, squacquaron indica proprio l’elevata acquosità di questo formaggio che contiene acqua per il 60%, il che lo rende anche leggero e molto digeribile. Insomma, con la sua cremosità unica, si spalma che è un piacere e una delizia anche per il palato dei gourmet più attenti.
Com’è fatto?
Per la sua produzione si utilizzano solo latte vaccino intero della zona geografica tipica, fermenti lattici aggiunti con innesto naturale, caglio e sale.
Le razze bovine per la produzione del latte certificato sono la Frisona Italiana, la Pezzata Rossa, la Bruna Alpina e la Romagnola. La cagliata viene tagliata e agitata fino al raggiungimento del pH necessario.
Dopo l’estrazione, la pasta è messa in fuscelle, dove riposa per spurgare. Quindi lo squacquerone viene posto in contenitori che ne determinano la forma. La salatura è in salamoia o in caldaia.
Come consumarlo?
Immancabile l’abbinamento con la piadina romagnola, ma anche con le altrettanto tradizionali tigelle o con la focaccia. Il suo retrogusto acidulo contrasta in modo piacevole con la dolcezza di confetture, miele o frutta caramellata, in particolar modo i fichi.
Nella cucina regionale viene utilizzato, con il parmigiano, per la farcia dei cappelletti. Per la sua cremosità, è ideale nel risotto o come ripieno di torte salate, ma è ottimo anche spalmato su una fetta di pane toscano.
In tutti i casi, un bicchiere di vino bianco delicato è certamente l’accompagnamento più indovinato.