Trama
Nel diciassettesimo secolo l’isola di Vardø, ai confini estremi del Mare del Nord, viene travolta da un’inaspettata tempesta dai tratti soprannaturali. I pescatori in mare muoiono, tutti: le loro donne restano sole e si coalizzano per sopravvivere all’inverno, pescando, indossando i calzoni dei defunti, allevando le loro renne…
Ma la Norvegia di Re Cristiano IV non tollera la loro indipendenza e manda un sovrintendente per domarle ed estirpare la stregoneria da quella che considera una regione selvaggia ancora da cristianizzare.
I personaggi
Protagoniste sono le donne di Vardø, Maren, Kirsten, Diinna e le altre, unite da un rapporto mutevole: dapprima alleate, perché vittime della stessa perdita e soprattutto bisognose di consolazione e aiuto reciproco; ben presto inimicate dall’arrivo del sovrintendente e divise in due fazioni ostili, le beghine da una parte, le impavide dall’altra. E poi c’è Ursa, moglie del sovrintendente, ragazza di città catapultata a Vardø in un rapporto di sudditanza straziante nei confronti dello sconosciuto marito: pagina dopo pagina vivrà un interessante percorso di evoluzione.
Il campionario di figure maschili è altrettanto variegato e comprende l’abominevole sovrintendente Absalom Cornet, pazzo fanatico e il pastore Kurtsson, ignavo e privo di carattere. L’unico positivo è il capitano della nave, che conquista la benevolenza del lettore con un piccolo gesto di gentilezza: il dono di un seme di anice ad Ursa.
La citazione degna di nota
Quando le afferra la mano, la stretta di Absalom è troppo salda. Appena sono fuori portata d’orecchi si china su di lei. «Non parlare in norvegese con lui in mia presenza. Un uomo deve sapere cosa sta dicendo sua moglie». Le lascia la mano. Lo segue mantenendo quanta più distanza osa porre […] Ursa si sente scivolare un cappio intorno al collo. Presto non avrà più dove nascondersi, neppure nella sua lingua madre. (pag. 97)
Le nostre riflessioni
Un romanzo che rimane addosso, attualissimo, benché ambientato nel ‘600, sia nella rappresentazione del rapporto uomo-donna ma anche della demonizzazione del diverso, incarnato qui nella cultura profana dei Sami, chiamati spregiativamente “lapponi”.
La Storia delle donne di Vardo, che si racconta anche attraverso le emozioni, è una microstoria che ci mostra lo spirito del tempo di quel secolo terribile, offrendo uno spaccato dell’ignoranza e dell’uso improprio della religione come strumento distruttivo di potere, dando spazio inoltre alla rappresentazione di una relazione omosessuale all’interno di una rigida società di genere, i cui pregiudizi purtroppo non ci sono estranei.
È incredibile quanto l’autonomia della donna faccia ancora paura e come troppo spesso le donne finiscano per essere le peggiori nemiche di sé stesse.
Una scrittrice divina, sia nella caratterizzazione dei personaggi che nella descrizione di luoghi ed eventi: il rogo, ad esempio, sembra di essere lì a guardarlo! Il linguaggio è perfetto e favorisce l’immedesimazione. Notevole è la potenza delle parole: nella brutalità della prevaricazione; nell’emersione della ricchezza interiore. In ogni riga c’è una traccia che ci lega all’essere persona: sentimenti, azioni, scelte, gioia, dolore.
Le parole chiave del libro
Donne
oppressione
omosessualità