Trama
Siamo nel 1966, l’anno della grande alluvione e l’anno in cui il protagonista Ganbeto va alla scoperta dei canali sul burchio del nonno Caronte, imparando così da lui un mestiere destinato a scomparire dopo breve tempo. Un racconto che ci traghetta da un mondo ad un altro, dalla terra all’acqua e dal dialetto alla lingua italiana.
La citazione degna di nota
Forse sta lì il segreto: è vero che tutto cambia, come l’acqua dei fiumi, che un giorno ride chiara e trasparente, l’altro ringhia nera e vorticosa. Ma è anche vero che le cose, per altra via, resistono e sono dure a morire, di nuovo come l’acqua, che resta, sempre lei è e fa lo stesso giro.
Le nostre riflessioni
(Quasi) tutte abbiamo molto apprezzato questa storia, che ci racconta in maniera lieve le trasformazioni avvenute nella società italiana a partire dagli anni Sessanta; in particolare abbiamo amato la capacità dello scrittore di farci calare nel periodo storico attraverso la descrizione estremamente precisa di luoghi, colori, ambienti, personaggi e lingua dialettale.
Abbiamo condiviso il fatto che il mondo del nonno Caronte fosse un mondo composto da “maestri di vita e di mestieri”, che, attraverso abitudini e riti precisi, erano capaci di traghettare i propri figli o nipoti verso l’età adulta, accompagnandoli a modo loro, con durezza e rigidità ma anche con grande rispetto.
Il racconto ci è sembrato molto realistico e ricco di figure poetiche, e così abbiamo accompagnato con estremo piacere Ganbeto e Caronte a bordo del loro burchio lungo fiumi e canali veneti, avvertendo tutta la presenza – insieme viva, bellissima e minacciosa – dell’elemento-acqua.
Lo consigliamo a...
Ai ragazzi e alle ragazze delle scuole superiori.
A chi ha letto Un giorno mio nonno mi ha donato un ruscello, di Gaëlle Perret e Aurélia Fronty.
A tutte e tutti.
Le parole chiave del libro
Alluvione,
anni ’60
burchio
canali
famiglia
fiume
Veneto