Toscano. Toscano sanguigno, nello spirito cinico e divertito con cui affronta ogni cosa: il cinema di cui è protagonista, ma anche i messaggi che affida a Twitter, in cui parla senza peli sulla lingua. Toscano quando se ne va, innamorato della sua Maremma, a cavallo, come un cowboy o, meglio, un buttero.
Giovanni Veronesi è il regista di Tutti per 1 – 1 per tutti, il film che rivisita in chiave grottesca e colorata le vicende dei Moschettieri di Dumas, uscito lo scorso dicembre su Sky. Ma è anche, andando a zig zag nel tempo, lo sceneggiatore di quasi tutti i film di Francesco Nuti e di Leonardo Pieraccioni, il regista dei tre capitoli di Manuale d’amore, del Barbiere di Rio; ed è l’uomo che è riuscito a portare in Toscana Harvey Keitel e David Bowie, a recitare per lui ne Il mio West, girato fra i monti della Garfagnana.
Toscano e innamorato della Toscana. Anche se dalla sua Prato, dove ha studiato – sognando di prendere parte alla mitica rivista del Buzzi, l’istituto tecnico dove ha mosso i primi passi Francesco Nuti – se n’è andato via quando aveva poco più di vent’anni. «La rivista della Coop… che ricordi ho legati alla Coop? Una volta, da ragazzino, ci ho rubato. Del pane e degli insaccati, credo, per fare dei panini. Era la Coop di Castiglione della Pescaia, adesso non c’è più. Che dici, con questa intervista mi meriterò il perdono?».
Probabilmente sì: ma solo se riveli tutto del tuo amore per la Toscana.
Potremmo cominciare dalla Val d’Orcia. Non la conoscevo bene, l’ho scoperta con questo film. Abbiamo girato a San Quirico d’Orcia, in settembre, quando tutto si colora di ocra. Abbiamo vissuto, con gli attori e la troupe, in un agriturismo vicino a San Quirico per un mese: sembrava di stare veramente nel mondo dei Moschettieri. Tutta un’altra cosa rispetto a dormire in un albergone di provincia con la moquette e le luci al neon.
Fra i luoghi delle tue riprese anche la Maremma, che per te rappresenta quello che per John Ford era la Monument Valley e per Sergio Leone l’Almería…
Siamo stati anche a girare sull’Amiata, e in un posto bellissimo, anche quello a me sconosciuto prima di girare il film, il castello di Triana. Arrivando alla Maremma che conosco di più, ho girato a Castiglione della Pescaia e a Scarlino. A Castiglione girerei tutti i film del mondo: in Maremma mi sento bene, mi sembra persino più facile inquadrare le cose!
Adesso ti dividi fra Roma, dove hai casa e dove sono tutte le produzioni cinematografiche, e la Maremma.
Penso che, appena potrò, mi trasferirò definitivamente in Maremma. È il mio buen retiro, è il posto della mia vita. Roccamare, quel gruppo di case fra Castiglione e le Rocchette, vicino a Riva del Sole, è il luogo dove ho vissuto la mia adolescenza, insieme a mio fratello Sandro.
A Roccamare ci sono le ville di molte persone famose…
Perché c’è una pineta, che nasconde le case allo sguardo. E ci sono dune, dune che arrivano fin sulla spiaggia. Natura che ti viene addosso. Quando ero ragazzino, c’era sempre un vecchio che passeggiava col suo cane dalmata, che sembrava uscito dalla Carica dei 101. Io gli andavo addosso col Ciao Piaggio e sterzavo all’ultimo minuto, per spaventarlo. Seppi dopo che quel vecchio era Italo Calvino, uno dei più grandi scrittori italiani.
Quali altri vip frequentavano Roccamare?
C’era 007: Roger Moore. Passavo davanti alla sua villa decine di volte, gli sorridevo anche: poi scoprii che la persona a cui sorridevo era la controfigura. Lui stava dentro la villa e fuori mandava lui! A Roccamare sono successe tante cose che hanno condizionato la mia vita. La scena che apre il film Caos calmo, tratto dal romanzo di mio fratello Sandro, in cui Nanni Moretti e Alessandro Gassman salvano due donne che stanno annegando, è accaduta davvero. Nella realtà, quei due eravamo io e mio fratello Sandro.
In quella pineta hai vissuto anche i primi amori?
Lì vicino c’era un campeggio, Riva del Sole, frequentato da tedeschi e svedesi. Tutti i ragazzi andavano lì, con il collo della camicia alla Tony Manero della Febbre del sabato sera, sperando di fare l’amore con una svedese. E qualche volta accadeva: c’è anche chi si è sposato con una ragazza svedese conosciuta a Riva del Sole.
Prato è invece la città della tua infanzia. Che cosa ti ha dato?
L’entusiasmo e la volontà, due doti che i pratesi hanno. La voglia di lavorare. I pratesi lavorano sodo, e non si perdono mai d’animo.
Ami molto andare a cavallo. Come spiegheresti le sensazioni che si provano?
Andare a cavallo è un’esperienza sublime: sei su un animale che vive insieme a te, in quel momento. Senti vibrare le vene, la carne, il respiro dell’animale: vivi come un marsupiale, come un cucciolo di canguro.
La città che conosci di meno, della Toscana, è Firenze. Possibile?
Mi piace: ma l’ho sempre vissuta di corsa, ci sono venuto per presentare i film, e a Firenze faccio le cose dei turisti: vado a mangiare panini tartufati da Procacci, o a pranzo in qualche ristorante in “buca”. Ma Firenze, lo ammetto, l’ho sempre vista come una città bellissima, ma non mia.
Hai lavorato con attori famosissimi. Di che cosa parlavate con Robert De Niro, quando facevate Manuale d’amore 3?
Dopo tre vodka tonic, rispondeva a tutte le domande. Gli ho chiesto chi fosse più bravo fra lui, Dustin Hoffman e Al Pacino. Mi ha risposto: «Dipende dal personaggio. Se è basso, è più bravo Dustin Hoffman; se è medio, Al Pacino. Se è alto, io». E gli ho chiesto: «Perché sei ingrassato venti chili per Toro scatenato?», «Perché sennò lo avrebbe fatto Al Pacino!» mi ha risposto.