L’intolleranza al lattosio è molto comune ma si diagnostica facilmente
Si parla molto di intolleranza al lattosio. Verità o mito da sfatare? Innanzitutto, sgombriamo il campo da equivoci e ribadiamo la differenza fra allergia alle proteine del latte e intolleranza al lattosio.
«Intolleranza e allergia sono due condizioni diverse che hanno conseguenze diverse – spiega Maria Sole Facioni, presidente della Aili, l’Associazione italiana latto-intolleranti – L’allergia si sviluppa nei primi anni di vita e si manifesta in breve tempo dall’ingestione di latte e/o derivati. L’intolleranza, invece, è più frequente negli adulti e coinvolge principalmente il tratto gastro-intestinale».
Quanto è diffusa l’intolleranza al lattosio in Italia?
Riguarda circa il 50% della popolazione, ma non tutti sono sintomatici. In altri Paesi del mondo la prevalenza è più alta, come Cina, Giappone e Sud Africa, mentre nel nord Europa è molto più bassa.
Che cosa scatena questo problema?
Il lattosio, il principale zucchero del latte, viene digerito nell’intestino dall’enzima lattasi. Se questo enzima manca, non può avvenire la digestione e il lattosio fermenta con conseguente richiamo di acqua e produzione di gas.
Quali sono i sintomi?
Dolori addominali, meteorismo, senso di gonfiore, diarrea o stitichezza che insorgono da 1-2 ore a qualche giorno dopo l’ingestione di lattosio. Esistono anche sintomi più generici, come eruzioni cutanee, afte orali, mal di testa, stanchezza e nausea.
Ci sono diversi tipi di intolleranza?
Quella genetica, detta anche primaria, dipende dal deficit di produzione della lattasi; l’età di esordio è fra i 2 e i 6 anni, ma compare anche più tardi per una riduzione della produzione di lattasi. La forma acquisita, dovuta ad altre patologie dell’intestino, è transitoria e può risolversi con la guarigione. Altre cause possono essere terapie antibiotiche o più tossiche come, ad esempio, quelle chemioterapiche.
Una forma, per fortuna molto rara e di origine genetica, si manifesta sin dalla nascita con diarrea non appena assunto latte materno o in polvere, quindi dipende da una totale assenza di lattasi che persiste per tutta la vita.
Quali sono i test ritenuti validi scientificamente?
Il test finora più diffuso è l’H2-Breath test, che valuta la presenza di idrogeno nell’espirato prima e dopo la somministrazione di 25 g di lattosio, facendo soffiare il paziente in una sacca a intervalli regolari. Viene dosata la presenza di idrogeno proveniente dalla fermentazione del lattosio non digerito. Un test positivo accerta la presenza di malassorbimento del lattosio, ma non discrimina se si tratta di una forma primaria o secondaria.
Per questo si esegue anche il test genetico, con prelievo della saliva e analisi del Dna. Un test semplice, rapido e non invasivo, di facile esecuzione anche nel bambino. Diffidate di tutti gli altri test.
Dove si trova il lattosio?
Nel latte e nei prodotti caseari derivati, in elevata quantità nei formaggi freschi, mentre nei formaggi stagionati è presente in ridotte quantità, se non quasi assente. Il latte di bufala, di pecora, di capra e di asina contengono lattosio al pari del latte vaccino, se non di più.
Il lattosio viene spesso aggiunto come ingrediente a molte preparazioni, sia dolci che salate. Quindi, è importante leggere attentamente le etichette di ciò che acquistiamo, ricordando che il lattosio va indicato per legge fra gli ingredienti come allergene.
È presente solo negli alimenti?
No, è un eccipiente in moltissimi farmaci, tra cui anche alcuni salva-vita. Occorre chiedere consiglio al proprio medico e al farmacista di fiducia per trovare un farmaco alternativo, soprattutto in caso di terapie croniche.
Dopo la diagnosi?
L’unica terapia consiste nell’eliminazione, temporanea o definitiva, del lattosio dalla dieta. Se l’intolleranza è di tipo primario l’eliminazione dovrà essere definitiva, se di tipo secondario sarà temporanea.