«Sapete cosa succede? Giorno dopo giorno l’azione meccanica e fotochimica delle onde e dell’acqua salata fa sì che le mascherine finite in mare si disgreghino in pezzi più piccoli che vengono scambiati per meduse dalle tartarughe marine» spiega Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente. E le meduse sono il cibo preferito delle tartarughe, che quindi non si faranno problemi a ingerirne i pezzi, rischiando di soffocare.
«Ma c’è un’altra conseguenza per questi animali, così preziosi per i nostri mari. Come succede già per i sacchetti abbandonati, se la plastica arriva nello stomaco, difficilmente viene smaltita. Le tartarughe hanno dunque una sensazione di sazietà costante che le porta a non alimentarsi più e poi alla morte. E lo stesso può accadere ai cetacei: delfini, balenottere, capodogli che popolano il nostro mare Mediterraneo» aggiunge.
Una volta degradati, mascherine e guanti non hanno finito la loro azione inquinante: ridotti in microplastiche, continueranno a circolare in mare, rilasciando anche le sostanze chimiche usate per il loro trattamento e spesso non dichiarate, come Pfas o ftalati, dei quali sono stati già dimostrati gli effetti dannosi sulla salute.
Legambiente ha stimato che si useranno un miliardo di mascherine e 500 milioni di guanti al mese per un lungo periodo, almeno finché il Coronavirus circolerà in Italia. I volontari che hanno ricominciato l’attività di monitoraggio scientifico e di pulizia delle spiagge raccontano di aver già recuperato a riva ingenti quantità di mascherine usa e getta e, si sa, quello che arriva sulla battigia rappresenta soltanto il 20% dei rifiuti che si trovano in mare.
«Le mascherine abbandonate nell’ambiente in città o in campagna, essendo molto leggere, vengono trasportate dal vento e dalla pioggia, per questo possono finire nel sistema fognario, da lì nei fiumi, fino a raggiungere il mare e poi le spiagge. Sono dispositivi preziosi e utili in questo momento di emergenza sanitaria, che proprio per questo devono essere maneggiati con cura. Abbandonarli nell’ambiente potrebbe avere come conseguenza anche quella di favorire il contagio» precisa Ciafani.
Il messaggio è chiaro: «Non abbandoniamole» e questo è anche lo slogan della campagna di sensibilizzazione promossa da Legambiente e Unicoop Firenze con il patrocinio della Cabina di regia Benessere Italia che opera a supporto del Governo. In occasione di lancio della campgna è stato presnetato anche il Vademecum Ecoproteggiamoci, realizzato da Legambiente sul corretto uso dei dispositivi di protezione individuale dal virus Sars-cov-2 e sui rischi per l’ambiente causati dall’abbandono e dai traffici illegali.
«Il primo passo è sensibilizzare i cittadini e spiegare come avviene il corretto smaltimento dei dispositivi usa e getta, come guanti e mascherine, poi è necessario proporre delle alternative, come l’uso delle mascherine riutilizzabili, infine è necessario che gli organi preposti vigilino sul comportamento dei cittadini e sanzionino quelli scorretti» prosegue il presidente di Legambiente.
Come smaltire le mascherine usa e getta?
Se non si è positivi al Covid 19 – in questo caso le norme variano da provincia a provincia -, non ci sono dubbi: vanno nel bidone della raccolta indifferenziata, possibilmente chiuse in un sacchetto. Questo anche per limitare la diffusione del contagio, oltre che per preservare l’ambiente. «La salute umana non può e non deve essere in contrasto con quella dell’ambiente, l’una influenza l’altra» ha spiegato Filomena Maggino, a capo della Cabina di regia Benessere Italia.
Se smaltiti correttamente, questi dispositivi, proprio in virtù della loro leggerezza, incidono poco sui costi, con un impatto pari allo 0,23% dei rifiuti urbani. Diverso il discorso per i rifiuti ospedalieri, che potrebbero alimentare l’interesse delle ecomafie. Legambiente lancia l’allarme. Un rapporto dell’Interpol ha delineato uno scenario internazionale con casi di smaltimenti illeciti già riscontrati in India, Cina e Malesia. In Thailandia, invece, è finita sotto inchiesta un’azienda di riciclo che vendeva come nuove mascherine usate. In Italia la Procura della Repubblica di Trani, in Puglia, guidata da Renato Nitti, ha già avviato un’indagine sul corretto smaltimento dei dispositivi di protezione utilizzati nelle strutture ospedaliere e nelle residenze sanitarie.
L’impegno di Unicoop Firenze
«L’impegno di Unicoop Firenze per l’ambiente è costante – spiega Daniela Mori, presidente del Consiglio di Sorveglianza di Unicoop Firenze -, siamo stati la prima realtà della grande distribuzione a introdurre i sacchetti in Mater-Bi e a promuovere l’uso delle buste riutilizzabili; lo scorso anno abbiamo tolto dalla vendita le stoviglie usa e getta in plastica. Ora l’emergenza è rappresentata da mascherine e guanti, dispositivi monouso che rischiano di venire dispersi nell’ambiente, e vogliamo fare la nostra parte, da un lato sollecitando soci e clienti ad adottare comportamenti corretti, dall’altro dando la disponibilità di mascherine riutilizzabili, ecologiche e a un costo accessibile. Ne avremo un vantaggio sia in termini economici sia per il benessere nostro e della natura che ci circonda».
L’utilizzo di dispositivi ecologici è un’alternativa possibile e già d il 50% dei soci che compravano mascherine usa e getta adesso acquista quelle riutiizzabili. Una buona notizia.