Accucciata fra le colline Arenella, Capodimonte e Ponti Rossi, la Sanità è uno dei quartieri più caratteristici di Napoli e allo stesso tempo uno dei più problematici, noto prevalentemente per le notizie riguardanti la criminalità. Qui nel settembre 2015 fu ucciso Genny Cesarano, vittima innocente della camorra a soli 17 anni.
Nonostante sia nel cuore della città, è una sorta di periferia al centro del tessuto urbano. Dall’ 800, infatti, in seguito alla costruzione del ponte che sovrasta la vallata in cui sorge, il Rione è stato tagliato fuori dagli altri quartieri, ai quali si può accedere attraverso un’unica via.
Col tempo la Sanità si è di fatto ridotta a un ghetto, un reticolo di vicoli e di bassi caratterizzati da un forte degrado urbano, sociale ed economico. Una terra di mezzo, costantemente in bilico fra marginalità e voglia di rivalsa.
Come tutto è iniziato
Negli ultimi anni però sta vivendo una vera e propria rinascita. La scintilla è stata innescata dall’arrivo nel 2001 di don Antonio Loffredo, come parroco della basilica di Santa Maria della Sanità.
Padre Antonio non è un semplice prete: è un uomo determinato che sa scorgere un’opportunità là dove molti vedono una condanna, una resa incondizionata all’inerzia.
«Fin dai primi giorni mi sono reso conto del grande patrimonio che mi era stato affidato – ricorda -. Ho capito che aprire alla popolazione le chiese, le case canoniche e i luoghi sacri, poteva essere il primo passo per generare lavoro, vita e aggregazione».
Spinto dalla convinzione che quel territorio abbia una straordinaria ricchezza umana e culturale, decide di lanciarsi in una sfida ambiziosa: risvegliare le coscienze dei giovani e coinvolgerli nel sogno di trasformare il Rione in una delle zone maggiormente attrattive della città.
Ed è proprio da un gruppo di ragazzi che frequentavano l’oratorio che nasce l’idea di ribellarsi allo status quo, di iniziare un cammino di autosviluppo, non per cambiare città, ma per cambiare la città.
Così danno vita a una cooperativa, la Paranza, con l’obiettivo di recuperare e riaprire al pubblico i siti storici e artistici del quartiere. «Abbiamo iniziato nel 2006 con la gestione della Catacomba di San Gaudioso, nella Basilica di Santa Maria della Sanità – racconta Antonio Della Corte, che oggi è una delle guide turistiche della cooperativa -. Da quel momento è cominciato un percorso che ci ha visto vincere nel 2008 un bando di “Fondazione con Il Sud”. Questo è stato l’inizio del processo che ci ha portato a recuperare e gestire anche le Catacombe di San Gennaro».
Da qui inizia un’avventura che ha visto aumentare di anno in anno il numero dei visitatori (gli iniziali 5160 ingressi sono diventati 129.830 a fine 2018) e i posti di lavoro per i giovani del luogo. L’attività della Paranza, infatti, coinvolge ormai una sessantina di ragazzi. Tra di loro ci sono archeologi, restauratori e storici dell’arte, che si occupano degli affreschi e dei mosaici presenti nelle Catacombe.
Un quartiere che cambia
Una storia di successo che ha contaminato l’intero quartiere. «Quando ricevi migliaia di turisti tutto l’anno, sei quasi costretto a doverti comportare diversamente, a tenere pulite le strade, a imparare le lingue e a lavorare nella legalità – chiarisce don Antonio -. I miei ragazzi stanno cambiando non solo la loro vita, ma anche la comunità in cui vivono».
Attorno a questa iniziativa si è sviluppata un’economia sociale che comprende una vasta rete di piccole cooperative e di artigiani, un esempio concreto di cooperazione e di sussidiarietà.
Sono nate associazioni di commercianti, esperienze sociali, come l’orchestra dei bambini Sanitansamble, il Nuovo Teatro della Sanità, la palestra di boxe nella sagrestia della chiesa e attività ricettive come le Case del Monacone e del Tolentino.
Con il tempo è emerso però il bisogno di un “luogo” che potesse raccogliere le tante buone pratiche in atto, implementandole e sostenendole in maniera continuativa. Nasce così la Fondazione di Comunità San Gennaro.
«L’obiettivo era integrare i percorsi tracciati fino a quel momento e farli confluire in una strada più grande, garantendo un futuro attraverso la promozione della cultura del dono, della partecipazione e della cura del territorio» spiega Mario Cappella, direttore della Fondazione. Una strada vissuta non più come ultimo e inevitabile approdo, ma come fonte di occupazione e di coesione sociale.
Ne sono un esempio le strutture a tutela dell’infanzia e delle famiglie che versano in condizioni di precarietà socio-economica, come la Casa dei Cristallini.
Da Firenze a Napoli
Recentemente, per fronteggiare il problema della dispersione scolastica, con il sostegno della Fondazione Il Cuore si scioglie è stato realizzato un centro educativo che offre attività ludico-educative a 30 bambini del quartiere. Il doposcuola, gestito dalla cooperativa sociale Il Grillo Parlante, sorge nei pressi del Cimitero delle Fontanelle, un luogo molto significativo per i napoletani, simbolo di una devozione che a volte si mescola con la superstizione e si fonde con la vita di tutti i giorni. Rimasto chiuso e abbandonato per molti anni, è stato definitivamente riaperto nel 2010, in seguito a un’occupazione pacifica degli abitanti del Rione.
«Nel corso degli anni – racconta don Antonio -, abbiamo dato vita a tante realtà, accomunate dalla stessa finalità: prendersi cura di ogni persona. Non perdere la dimensione umana, anche quando si fa impresa. Questo è l’insegnamento che emerge dalla nostra esperienza».
Totò, che proprio alla Sanità nacque e in questo quartiere è diventato l’artista che tutti conosciamo, diceva: «Io so a memoria la miseria, e la miseria è il copione della vera comicità. Non si può far ridere, se non si conoscono il dolore, la fame, il freddo».
Oggi quella miseria si sta trasformando in speranza, impressa nel sorriso che appare sui volti dei giovani del Rione.