Il codice a barre compie 50 anni

Il codice Ean, la sequenza di stanghette in bianco e nero compie 50 anni e, anziché invecchiare, promette novità per i consumatori

Buon compleanno codice a barre! Proprio nel 2023 la magica sequenza di stanghette in bianco e nero compie 50 anni e, anziché invecchiare, promette novità per i consumatori e per quella che in gergo tecnico è chiamata supply chain, la catena del prodotto dalla produzione alla vendita. Magica, sì, perché se oggi è tutto scontato e il codice a barre passa quasi inosservato (salvo che, in cassa, non si legga e blocchi la coda…), solo 50 anni fa portò una rivoluzione, come racconta Bruno Aceto, a capo di GS1 Italy, l’unica organizzazione che, nel nostro Paese, è autorizzata a rilasciare codici a barre Ean: «Il codice a barre nacque per rispondere a un’esigenza dei negozianti, che dovevano “prezzare” manualmente ogni singolo articolo in vendita e quindi battere a mano lo scontrino in cassa. Già dalla fine degli anni Quaranta ci si era posti il problema, ma ci vollero diversi anni di tentativi e di innovazioni, fra cui l’invenzione del laser, per arrivare alla sua nascita nel 1973».

La prima volta

La prima scansione, per la verità, avvenne un anno dopo: il 26 giugno 1974, alle 8 e 01, il codice a barre passò per la prima volta dalla cassa di un negozio, con la vendita di una confezione di chewing-gum Juicy fruit della Wrigley’s in un supermercato Marsh nella città di Troy, in Ohio.

Da lì in poi, miliardi di codici e bilioni di scansioni hanno reso la vita più facile ai consumatori, riducendo le code alle casse e, soprattutto, dando a ogni prodotto un’identità digitale unica e universale, accettata dalla grande distribuzione come anche da tutto il mondo del commercio on line: «Ad oggi nel mondo il codice a barre GS1 è adottato da oltre 2 milioni di aziende, è presente su oltre un miliardo di prodotti e viene scansionato miliardi di volte ogni giorno – spiega Aceto -.

Solo in Italia i prodotti confezionati di largo consumo che hanno un codice a barre GS1, esclusi quelli a peso variabile e non alimentari, sono circa 350mila e passano in cassa 30,2 miliardi di volte in 12 mesi, generando 2,7 miliardi di scontrini all’anno».

Per GS1 il codice a barre non è stato, però, un punto di arrivo, bensì di partenza: «Negli anni – aggiunge – abbiamo sviluppato altri standard per numerosi settori (logistica, medico-sanitario, bancario, costruzioni ecc.) per acquisire e condividere, lungo tutta la catena del prodotto, informazioni sempre accessibili, aggiornate e facilmente comprensibili».

Una nuova rivoluzione

Dal prezzo manuale alla rivoluzione digitale, c’è in mezzo qualche decennio, ma un nuovo salto sta per essere compiuto ed è quello verso i cosiddetti “codici bidimensionali”, capaci di raccontare al cliente tutto sul prodotto e di renderlo ancora più consapevole e protagonista delle scelte di acquisto: «Questa nuova rivoluzione – continua Aceto – permetterà al consumatore, con una rapida e semplice scansione del codice dallo smartphone, di conoscere tutta la storia del prodotto, dalla provenienza fino alla presenza di allergeni, le certificazioni, i consigli per l’utilizzo, le indicazioni sull’impronta ambientale e sul corretto smaltimento nella raccolta differenziata».

Il futuro è già qui, dunque? «Stiamo lavorando con l’obiettivo che, entro la fine del 2027, gli scanner dei punti vendita siano in grado di leggere e di elaborare sia i tradizionali codici a barre lineari sia i nuovi codici 2D. Non proprio qui, ma dietro l’angolo!».

Come è fatto il codice a barre

Il codice a barre GS1 è formato da una serie numerica di 13 cifre (Ean-13) tradotta graficamente con barre verticali, necessarie per la lettura ottica. La serie numerica è composta dal prefisso, che viene assegnato all’azienda produttrice al momento dell’adesione a GS1 (le prime cifre indicano il Paese dove è stata richiesta la codifica), dal codice del prodotto e dalla cifra di controllo generata tramite un algoritmo.

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