Appena può si mette il casco da ciclista, i pantaloncini corti e percorre in bici le strade e le curve della “sua” Toscana. Claudio Bisio è così innamorato della nostra regione da aver scelto di vivere in Valdelsa, a Barberino, con la moglie Sandra Bonzi, giornalista, ormai diversi anni fa. È lì il suo buen retiro, ed è da lì che «un giorno sono andato anche a prendere Vanessa Incontrada, a Follonica, per farle fare un giro in bici!», racconta.
Uno dei suoi amici di pedalate è un toscano doc, Mario Lorini, presidente degli esercenti cinematografici italiani. «Anche lui è appassionato di bici, come me: ma in salita non mi sta dietro, è sempre un po’ fuori allenamento. È la mia vittima preferita!».
Quali paesaggi toscani ama di più?
Le colline le ho girate tutte, dal Chianti a Vallombrosa, da Castellina a Radda. È il mio modo di tenermi in forma: pedalare in mezzo a quei paesaggi meravigliosi.
In Toscana è stato anche direttore artistico del Puccini di Firenze, riferimento per il teatro politico e per la satira in Italia.
È stato merito del mio amico Sergio Staino, il papà delle strisce di Bobo. Lui per primo mi ha fatto amare questo teatro, e mi ha fatto incontrare Lorenzo Luzzetti, che di quel teatro è l’anima. Sono orgoglioso di avere contribuito, nel mio piccolo, al lungo cammino di questo teatro, dal quale sono passati tanti talenti, da Moni Ovadia a Marco Paolini, per arrivare ad Andrea Pennacchi.
La Toscana è terra di teatro…
E proprio la Valdelsa è il luogo in cui è nata una delle grandi esperienze teatrali italiane, quella dell’Arca azzurra, la compagnia di Ugo Chiti. Ma in Toscana vivono pure Paolo Hendel e David Riondino, due talenti purissimi. Ci sono anche molti altri artisti, come un pittore francese che si chiama Alain Bonnefoit, che abita a Certaldo: fa dei quadri magnifici.
Lei è nato a Novi Ligure, finito presto a Milano per studiare negli anni ‘70. Come ricorda quel periodo?
Volevamo cambiare il mondo, volevamo fare la rivoluzione. E noi, studenti del liceo scientifico Luigi Cremona, decidemmo che avremmo costituito, molti anni dopo, il futuro governo italiano. Così stabilimmo che ognuno avrebbe dovuto scegliere la facoltà relativa al suo futuro, molto improbabile, ministero. E a me assegnarono il ministero dell’Agricoltura: così mi iscrissi ad Agraria. Due anni, il tempo di capire che non faceva per me. Tornai a suonare la chitarra, mi iscrissi a una scuola di teatro.
Una scuola prestigiosissima, quella del Piccolo di Milano, con Paolo Grassi e sotto l’egida di Giorgio Strehler.
Ma con un gesto che sapeva di sacrilegio, io la sera andavo al Derby, un locale dove si faceva cabaret, diventato poi mitico, e facevo il buffone insieme ad Antonio Catania. Se lo avessero saputo, mi avrebbero cacciato dalla scuola!
Anni dopo Mediterraneo vinceva l’Oscar…
Insieme a Gabriele Salvatores e a Fabrizio Bentivoglio stavamo girando Puerto Escondido, quando arrivò la notizia della nomination. Gabriele, senza nessuna speranza di vincere, andò a Los Angeles. Io affittai un pulmino e me ne andai nel Chiapas, nella foresta Lacandona, uno dei posti più sperduti del mondo. Sono stati i dieci giorni più belli della mia vita. E il più bello di tutti quando vedemmo la cerimonia degli Oscar da un “televisorino” in bianco e nero in mezzo alla foresta, già pieni di cachaça, il liquore locale. E io mi misi a gridare come un matto e a saltare, a girare in tondo. Insomma, la più pazza, più stolta, più genuina e più meravigliosa felicità.
Zelig è stato un enorme successo. Tornerete in tv?
Sì, faremo alcune puntate con i comici più giovani. E con Vanessa: che è il valore aggiunto della trasmissione. L’unica capace di stupirsi veramente, di avere quelle espressioni meravigliose di sorpresa. E lo sai perché? Perché non le facciamo mai leggere tutto il copione, proprio per avere da lei quelle espressioni lì. Che m…, eh?
Cristiana Dell’Anna
Sguardo intenso e sorriso irresistibile, qualcuno in Italia la ricorderà tener testa ai boss della malavita in Gomorra, mentre nel resto del mondo, sì del mondo, la conoscono perun film che è da poco uscito su Netflix, battendo tutti i record di visualizzazioni, e che si chiama proprio – sembra un destino, per lei – Toscana.
Cristiana Dell’Anna ha scelto la Toscana per amore, non di una persona, ma di uno dei molti borghi affascinanti e poco battuti dalle rotte del turismo: Santa Fiora (GR), ai piedi del monte Amiata. Fra i boschi, il silenzio, il ricordo dell’esperienza mistica e politica di Davide Lazzaretti, che in quei luoghi fu attivo predicatore alla fine del XIX secolo, chiamato per questo il “Cristo dell’Amiata”. Un luogo affascinante, da cui Cristiana Dell’Anna è stata immediatamente conquistata.
Nata a Napoli, è cresciuta professionalmente a Londra, studiando Shakespeare la mattina e servendo cocktail la sera. È tornata in Italia per interpretare la terza stagione di Gomorra, in cui interpreta Patrizia, donna forte e determinata. È stata scelta da Mario Martone per interpretare Luisa De Filippo in Qui rido io, presentato alla “Mostra del cinema” di Venezia lo scorso anno. Quando non lavora, si rifugia in Toscana, insieme al marito Emanuele, napoletano come lei. Un ragazzo vitale, dal sorriso aperto: come lei, innamorato di questa regione. Si sono sposati a Siena il 1° settembre 2018 e vivono, tutto il tempo che i rispettivi lavori lasciano loro, alle pendici dell’Amiata.
Cristiana, come mai proprio Santa Fiora?
È stato un colpo di fulmine: ho visto quei luoghi, ho sperato di poterci vivere un giorno. Ho guardato, senza troppa speranza, gli annunci delle agenzie immobiliari. C’era un casale che si era liberato, non grande, ma adatto a noi. Emanuele, che lavora su progetti europei legati alle energie rinnovabili, può fare il suo “ufficio” dovunque abbia un computer. Io ho scoperto che stare lì mi libera dalle tensioni. E che tutto il mondo è raggiungibile.
Il caso poi le ha offerto un film proprio in Toscana…
Quella è stata la cosa più bizzarra della mia vita! Mi ero trasferita da poche ore, quando squilla il telefono: mi propongono un film internazionale in Toscana. Abbiamo girato in una tenuta a Pelago, e ho considerato questa proposta un segno del destino.
Ha poi scoperto di avere molti vicini di casa importanti.
Sì: praticamente nella collina di fronte ha scelto di vivere una delle attrici italiane che adoro da sempre, Laura Morante (nata a Santa Fiora, ndr). Da queste parti abitava anche Andrea Camilleri. E a Grosseto ho incontrato un bravissimo regista, Francesco Falaschi – l’autore di Quanto basta -, con cui mio marito sta lavorando per un documentario. A Castiglione della Pescaia vive, ormai per la maggior parte dell’anno, il regista Giovanni Veronesi. La Toscana piace, e l’Amiata è un territorio meraviglioso. È una terra che ha una storia forte, come quella di Davide Lazzaretti, che fondò una sua religione “sociale” proprio in Maremma, legando utopie socialiste, cristiane e aspirazione a una vita più pura.
Anche lei ha interpretato, negli Stati Uniti, una figura religiosa: una santa, Francesca Saverio Cabrini. Chi era?
È stata la prima donna americana dichiarata santa: nata in Italia, è vissuta a cavallo fra Otto e Novecento, ed è stata una donna coraggiosissima. Viaggiava fra Europa e America, teneva conferenze, raccoglieva fondi per costruire ospedali, scuole, orfanotrofi. Una Madre Teresa di Calcutta di fine Ottocento, negli Stati Uniti. Martin Scorsese avrebbe voluto fare un film su di lei già negli anni ‘70: poi il progetto non è andato in porto. Ma a me è toccato l’immenso onore di rappresentare, al cinema, questa donna.
Come si chiamerà il film?
Semplicemente Cabrini, o forse Madre Cabrini. È diretto da Alejandro Gómez Monteverde, un regista messicano. Ti rivelo un segreto: papa Francesco ha voluto vedere le prime sequenze del film, e in via ufficiosa se ne è dichiarato entusiasta. Io sento la responsabilità e il grande onore di raccontare la storia di questa donna, talmente importante che, in Colorado, il Columbus day è diventato il Cabrini day.