2 aprile 1985. Margherita ha 10 anni. Si sta preparando per andare a scuola, ma è in ritardo e chiede alla mamma di poterci andare con una compagna. Normalmente lei, la mamma e i due gemelli di 6 anni, erano sempre insieme. Quella mattina andò diversamente. Margherita saluta la mamma. «Ricordo che mi chiese cosa avrebbe dovuto comprare per la gita del giorno dopo. Le gridai: “Le fette biscottate!”» racconta oggi Margherita Asta.
Pochi minuti dopo la campanella la bidella entrò in classe per dirle che sarebbe dovuta tornare subito a casa. «Ero felice, corsi a casa e trovai un sacco di persone in giardino, ma io cercavo la mia mamma e non era da nessuna parte».
La mamma non c’era più
Barbara Rizzo era morta, insieme ai gemellini Giuseppe e Salvatore, fratelli di Margherita in un’esplosione lungo la Provinciale che attraversa Pizzolungo. Un attentato di mafia. Nel mirino c’era l’allora sostituto procuratore di Trapani, Carlo Palermo. Barbara Rizzo era alla guida della sua Volkswagen Scirocco e si trovava fra la bomba e la Fiat 132 che portava il magistrato al lavoro, quando gli uomini di Cosa Nostra fecero esplodere l’ordigno convinti di colpire anche la Fiat. Ma così non fu. Nelle bare della mamma di Margherita e dei gemelli furono messi dei vestiti. Niente o quasi era rimasto dei suoi familiari.
«Il lobo di un orecchio fu ritrovato in una casa che aveva le finestre aperte – racconta oggi Margherita -. Quando passai dal punto dell’esplosione e vidi la voragine mi resi conto che non era stato un incidente ma, se chiedevo agli adulti, cambiavano discorso». E aggiunge: «Con Carlo Palermo ci siamo incontrati nel 2006. Porta ancora sulle spalle il dolore per ciò che è accaduto. Quando cercarono di ucciderlo, quel 2 aprile, lui era arrivato a Trapani da pochi mesi dopo che a Trento, dove stava indagando su traffico di armi e droga e finanziamento illecito ai partiti, gli avevano tolto l’indagine ».
Un libro per ricordare
Margherita, che oggi ha 47 anni e lavora per l’associazione Libera, ha raccontato la sua tragica vicenda in un libro, Sola con te in un futuro aprile, uno di quei testi che cambiano le esistenze e che per questo motivo è stato inserito fra i titoli della rassegna “Il Libro della vita” (il 27 febbraio), la manifestazione che da otto anni anima la domenica mattina “culturale” a Scandicci.
La strage di Pizzolungo è una delle infinite stragi di mafia che il nostro Paese tende a dimenticare. Il processo d’appello ai mandanti è ancora aperto e questo gennaio è stato rinviato causa Covid: l’imputato Vincenzo Galatolo, condannato in primo grado a trent’anni, è risultato positivo. La verità giudiziaria può attendere, ma non la memoria. Per questo vogliamo ricordarla in occasione della “Giornata in ricordo delle vittime innocenti delle mafie”, che si celebra il primo giorno di primavera.
Arrivata alla sua ventiseiesima edizione, la manifestazione ideata dall’associazione Libera e dal suo fondatore, don Luigi Ciotti, è intitolata quest’anno “Terramia” per richiamare l’attenzione sui beni confiscati e sui reati delle ecomafie. L’evento regionale è in programma a Firenze, il 21 marzo, dalle 9.30, al Cinema La Compagnia, dove saranno ricordati i nomi delle vittime innocenti delle mafie, letti dagli studenti delle scuole toscane che ogni anno svolgono insieme a Libera percorsi didattici e formativi. Fra questi nomi ci saranno anche quelli di Barbara Rizzo e di Giuseppe e Salvatore Asta.
Il libro della vita
Fino a maggio la domenica mattina alle 11 si alterneranno, sul palco del Teatro Studio Mila Pieralli di Scandicci, direttori di musei (come Eike Schmidt), giornaliste (Giovanna Botteri), storici (Roberto Bianchi) e religiosi (Guidalberto Bormolini), e altri ancora intervistati dal giornalista Raffaele Palumbo.