Il punto sul lavoro

I numeri in Toscana

Nel corso degli ultimi due anni i dati diffusi dall’Istat e da altri istituti di rilevazione ci hanno raccontato di un mercato del lavoro con il segno più. Proprio secondo l’Istat, infatti, a novembre 2023 gli occupati in Italia erano 520mila in più rispetto all’anno precedente.

Quasi un record. Anche l’annuale Rapporto dell’Irpet, l’Istituto Regionale di Programmazione Economica della Toscana, presentato alla fine di gennaio, ha fotografato nella nostra regione una crescita dei contratti a tempo indeterminato e un complessivo aumento del numero degli occupati: «Secondo le elaborazioni fatte da Irpet dei dati delle comunicazioni obbligatorie del lavoro, il numero di addetti dipendenti fra gennaio e novembre 2023 è cresciuto in Toscana del 3,1% rispetto al 2022 – recita il Rapporto -.

L’aumento dei lavoratori a tempo indeterminato (+4,2%) compensa la complessiva stabilità del lavoro a termine». Una crescita spalmata fra tutti i settori: +3,9% agricoltura, +3,4% manifattura, +4,8% costruzioni e +2,9% terziario.

Il quadro positivo nasconde però un risvolto che lo è molto meno. Perché, se cresce il numero dei lavoratori, i salari reali continuano a scendere e lo faranno ancora nel 2024, se pure in modo più contenuto rispetto agli ultimi due anni, per stabilizzarsi nel 2025. Colpa dell’inflazione, che è ricaduta interamente sulle tasche dei lavoratori, poiché le imprese hanno ammortizzato l’aumento delle materie prime con il rincaro dei prezzi alla vendita, e del mancato rinnovo contrattuale in moltissimi settori.

Dare valore al lavoro

A livello locale, contro la “svalorizzazione” del lavoro recentemente hanno preso una posizione congiunta Legacoop Toscana e Cgil Firenze. Secondo dati Uil, sono 190mila i lavoratori “poveri” toscani, cittadini per lo più occupati nei settori del turismo e dei servizi, oltre che del mondo degli appalti, ai quali una retribuzione al di sotto dei 1000 euro non consente una vita dignitosa.

In particolare – segnalano Legacoop e Cgil – l’esternalizzazione di molti servizi e gli appalti al massimo ribasso hanno di fatto obbligato le società appaltatrici ad abbassare il costo del lavoro e quindi gli stipendi delle persone. La richiesta è di applicare i contratti collettivi nazionali e la garanzia di clausole sociali, oltre che di un controllo attento alla legalità e alle condizioni di lavoro nelle filiere delle controllate pubbliche (logistica merci, filiera dei rifiuti etc.). «Per contrastare il lavoro povero chiediamo ormai da tempo che le tariffe degli appalti siano adeguate in maniera automatica all’aumento del costo del lavoro, ma è indispensabile anche la fine delle gare d’appalto al “massimo ribasso” e predisporre risorse per garantire i rinnovi contrattuali» precisa Roberto Negrini, presidente Legacoop Toscana.

E se aumentassimo gli stipendi?

I ricercatori dell’Irpet si sono fatti una domanda: «Cosa accadrebbe, in una stagione di rinnovi contrattuali, se i salari recuperassero pienamente, nell’arco dei prossimi due anni, il potere d’acquisto finora perso? Ce lo possiamo permettere? Attraverso la nostra modellistica – racconta il direttore dell’Istituto, Nicola Sciclone – abbiamo simulato questa ipotesi e abbiamo visto che i maggiori salari incrementerebbero il reddito disponibile delle famiglie spingendo verso l’alto i consumi. Tale dinamica, oltre a contribuire a un leggero incremento delle importazioni, sarebbe compensata, almeno in parte, dalla diminuzione delle esportazioni, su cui graverebbero i maggiori costi del lavoro.

Le imprese perderebbero parte della loro competitività di prezzo e questo si risolverebbe in una riduzione del ritmo di espansione delle vendite all’estero, ma non avrebbe effetti significativi sul tasso di crescita del Pil, che resterebbe pressoché invariato. In altri termini, la dimensione della torta rimarrebbe sostanzialmente invariata, ma la sua distribuzione tornerebbe a compensare i salari per quanto hanno perso negli ultimi due anni».

Insomma, gli aumenti di stipendio non avrebbero un impatto negativo sul Pil della regione, a due condizioni: «Che non vi sia, per effetto dell’aumento salariale, un innesco di un meccanismo inflattivo – precisa Sciclone -, ma sembra ragionevole poterlo escludere, per l’assenza nel nostro Paese di meccanismi di indicizzazione automatica dei salari ai prezzi. La seconda condizione è che all’aumento del reddito disponibile le famiglie decidano di mantenere invariato il risparmio.

Anche questo ragionevole, perché le Banche Centrali dovrebbero nei prossimi mesi ridurre i tassi di interesse, il che non renderebbe conveniente la scelta di risparmiare la maggiore disponibilità di reddito». La sfida è aperta, dunque. Chi vorrà raccogliere il guanto?

Le figure che mancano

Il mercato del lavoro attuale si caratterizza anche per il fenomeno del mismatch, cioè il mancato abbinamento che si verifica quando c’è uno squilibrio fra offerta e domanda: in pratica le imprese cercano lavoratori ma non li trovano.

I motivi possono essere di varia natura e infatti si parla di “mismatch qualitativo” – quando non sono disponibili determinate professionalità per le quali sono aperte posizioni di lavoro – e “quantitativo” – quando sono proprio i numeri fra domanda e offerta che non combaciano. Una situazione che da anni si verifica anche per alcune figure all’interno della grande distribuzione organizzata. Fra queste, quella dell’allievo caporeparto.

«Chi era costui?», la citazione manzoniana è la domanda da cui parte il video commissionato da Unicoop Firenze per raccontare le mansioni e le prospettive professionali di questa figura, fondamentale nell’organizzazione di un supermercato, facendola conoscere anche ai più giovani. Il video è disponibile sui canali social dell’Informatore e sul sito coopfirenze.it nella sezione “lavora con noi”.

Cercasi allievi caporeparto

«Stiamo cercando cinquanta persone da assumere e accompagnare con un percorso di formazione per diventare caporeparto – spiega Rossella Molinari, responsabile Selezione e sviluppo di Unicoop Firenze -. Si tratta di un ruolo fondamentale nel punto vendita e che nel tempo può aprire importanti prospettive di crescita professionale all’interno della cooperativa. Sono richieste capacità relazionali, organizzative e curiosità verso il mondo del cibo e dell’alimentazione».

Negli ultimi tempi Unicoop Firenze ha inserito oltre cento figure professionali di questo tipo ma la ricerca continua: «Abbiamo allargato la nostra rete di vendita e avuto numerosi pensionamenti, ma anche investito molto in crescita interna: per questo sono emerse nuove necessità su tutto il territorio dove sono presenti i nostri supermercati – aggiunge Molinari -.

In particolare, quest’anno dopo una prima verifica delle candidature abbiamo deciso di incontrare i candidati nelle diverse zone della Toscana in cui stiamo cercando, per agevolare l’incontro e la conoscenza del punto vendita che, un domani, potrà essere il futuro luogo di lavoro». La selezione è in corso e si chiuderà il 21 aprile. Fatevi avanti!

Per info: coopfirenze.it/lavora-con-noi

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