La primavera ci regala tre feste civili nazionali che sono legate da un filo rosso che rappresenta l’anima più profonda della Repubblica italiana. Il 25 aprile “Festa della Liberazione”, il 1° maggio “Festa dei lavoratori” e il 2 giugno “Festa della Repubblica” meritano una riflessione più accurata perché ci uniscono come popolo e come cittadini.
Partiamo dall’ultima in ordine di tempo, la “Festa della Repubblica”: con essa si celebra certamente il giorno in cui gli italiani nel 1946, con un referendum a suffragio universale, scelsero la forma istituzionale dell’Italia del dopoguerra, ma allo stesso tempo si rende omaggio alla nostra Costituzione. L’Assemblea costituente, eletta in quella stessa data, deliberò il testo fondamentale che regola la vita nel nostro Paese dal 1°primo gennaio del 1948. Stabilì che la Repubblica italiana fosse innanzitutto democratica, come si legge nell’art. 1: «La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione».
Dopo il Ventennio di dittatura, è tempo di democrazia: in questo senso la Costituzione italiana è certamente antifascista. Ecco perché si festeggia il 25 aprile, data simbolica della liberazione del Paese non solo dalle truppe tedesche e naziste, ma anche da un governo che per tanti anni aveva limitato le libertà fondamentali. La democrazia, ricordata nella nostra Costituzione, mette finalmente al centro la persona, titolare di diritti e doveri, ne garantisce l’uguaglianza – lo ricorda l’articolo 3 – e si adopera a rimuovere «gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese».
Se i costituenti furono inequivocabili sulla forma istituzionale del nuovo Stato, è evidente che lo furono anche rispetto al tema del lavoro, su cui trovarono un incontro unanime sia le forze politiche di sinistra che quelle cattoliche. Le parole lavoro e lavoratori, oltre che agli articoli 1 (la Repubblica democratica è infatti «fondata sul lavoro») e 3, ritornano poi negli articoli dal 35 e seguenti.
Come ricordato recentemente dal Presidente Mattarella: «La Costituzione italiana delinea con chiarezza un modello di società in cui il lavoro è al tempo stesso fondamento della Repubblica, strumento di realizzazione personale e leva, appunto, di giustizia sociale». I diritti e i doveri dei lavoratori hanno quindi un ruolo cruciale nella Costituzione e la festa del 1° maggio è lì a ricordarcelo.
Il tempo che passa, quest’anno ne sono trascorsi 80 dalla fine della Seconda guerra mondiale, affievolisce il ricordo delle sofferenze, facendo sparire le voci di chi partecipò alla stesura del testo costituzionale, ma le parole scritte sono lì, “memoria” per il futuro. Quando parlo della nostra Costituzione nelle scuole, purtroppo meno di quanto vorrei, vedo grande interesse nei giovani: fanno domande, vogliono conoscere e capire. Spiegare loro il significato profondo di queste festività è un modo per ribadire il significato profondo della Costituzione repubblicana, nostra salda “casa comune”.
Buon 2 giugno!
A cura di Giovanni Tarli Barbieri