Le disuguaglianze: un fenomeno inevitabile?
Viviamo in un mondo dominato dalle disuguaglianze. Parlo degli Stati Uniti ma non solo. Parlo in realtà di un fenomeno che dall’America è già arrivato in tutta l’Europa occidentale. Per molti si tratta del risultato delle dinamiche di base del mercato, di un inevitabile, anche se spiacevole, effetto collaterale delle leggi economiche, che d’altronde dovrebbero portare crescita e sviluppo. La crescita però negli scorsi decenni ha riguardato solo una piccolissima minoranza, mentre la maggior parte della popolazione in tante parti del mondo non ha visto crescere il proprio salario. Ecco, secondo me, questa situazione, che viviamo con difficoltà, non è scontata, non è obbligatoria, ma è la conseguenza del modo in cui noi abbiamo strutturato i mercati, modificato le regole del gioco nella nostra economia e interpretato la globalizzazione. Mi sento infatti di affermare che la disuguaglianza è stata una scelta, per quanto sciagurata, attuata dal nostro sistema economico e politico, spesso ostaggio di un deficit di democrazia, e dovuta ad una sottovalutazione dei beni immateriali, come la fiducia e la cooperazione.
La disuguaglianza delle opportunità
Sempre più denaro concentrato nelle mani di pochi, aumento del numero dei poveri, scomparsa del ceto medio: sono le principali caratteristiche della “crescita” che abbiamo sperimentato negli scorsi decenni. Uno “sviluppo” che ha portato all’incremento del reddito dell’1% della popolazione – ancora una volta mi riferisco agli Stati Uniti, ma si tratta di un fenomeno generalizzato – mentre per il resto dei cittadini non è cambiato niente. Gli Stati Uniti ad esempio sono un Paese dove un amministratore delegato guadagna 300 volte di più di un suo operaio. Non solo, sperimentiamo un modello che ha annullato il principio della retribuzione collegata al contributo sociale: abbiamo visto manager che hanno fatto fallire le banche, e a cascata buona parte dell’economia mondiale, e sono stati liquidati con generosi bonus.
Inoltre, alla disuguaglianza economica si associa sempre di più una disuguaglianza legata all’accesso all’assistenza sanitaria, specialmente dove non c’è un sistema sanitario pubblico, alla giustizia e alle opportunità. Anche qui: oggi gli Stati Uniti non sono più il luogo del sogno americano, dove tutti possono fare tutto, ma sono diventati il luogo dove, se fosse possibile, sarebbe meglio scegliersi genitori ricchi che puntare su una buona formazione e istruzione.
Il tutto in condizioni in cui la crescita economica obiettivamente non c’è stata e si registra una sempre maggiore instabilità.
Le alternative
La crescente disuguaglianza però non riguarda tutti i Paesi allo stesso modo ed in alcuni casi, in particolare in America Latina, ci sono esempi di Stati che dalla fine del ventesimo secolo ad oggi sono perfino riusciti a ridurre le disuguaglianze. Queste differenze non possono essere spiegate dalle sole leggi economiche. Le difformità nei risultati tra i Paesi avanzati suggeriscono che sono le scelte politiche, e non le inesorabili forze economiche, a determinare le disuguaglianze. Stiamo sprecando capitale umano, non c’è più fiducia. Il sistema è miope e i profitti a breve termine sono diventati l’obiettivo principale degli attori economici. Certo, ci sono aree in cui la visione a brevissimo funziona, i profitti guidano la logica di ogni investimento e si ottengono anche ottimi risultati, ma sono le aree dello sfruttamento degli altri.
Il modello cooperativo
C’è invece un altro modello, alternativo, e lo avete sotto gli occhi. È il modello cooperativo, quello che non consegue il profitto puro e semplice, quello che mette al centro solidarietà e fiducia. Pensare solo al profitto e avere come unico scopo l’incentivo finanziario ha cambiato il nostro modo di essere, la società. La soluzione sta nel tornare ad essere comunità.
La società, il fatto di stare insieme, di per sé crea un rischio, che non è gestibile a livello singolo, ma che deve essere condiviso. I rischi dello stare insieme possono essere superati attraverso la cooperazione. Non metto in dubbio che i problemi attuali siano fondamentali e profondi, ma dico anche che il modello cooperativo ha dimostrato il suo valore da decenni ed ha accumulato esperienze da cui si può imparare. Anche economicamente, il modello cooperativo si è dimostrato un modello più performante, più adatto a generare crescita perché capace di investire sui beni immateriali e basato sulla giustizia sociale.
(sintesi dell’intervento alla Biennale della cooperazione, Bologna, 8 ottobre 2016, del premio Nobel per l’economia Joseph Stiglitz, a cura di Serena Wiedenstritt)