Francesca sta con la sua generazione, sta con l’ambiente e con le donne. Giovane ma determinata, e forse è per questo che nei video e nelle foto appare sempre molto concentrata, quasi imbronciata.
Perché le cose Michielin, 26 anni da Bassano del Grappa, le prende sul serio: «Tendo a vivere tutto in maniera molto performativa, per questo appaio sempre seria». La stessa serietà che mette nel suo lavoro e che le fa mettere la faccia se si toccano argomenti importanti, come nei suoi podcast intitolati Maschiacci, realizzati in collaborazione con Coop.
«È uno spazio dove le persone possono confrontarsi e ascoltarsi senza “inquinarsi” come accade invece sui social – spiega -. Il disagio della condizione femminile è uno dei più diffusi, le donne vengono continuamente discriminate, ci tengo che questo problema arrivi ai giovani che mi seguono, ma anche a chi ha qualche anno in più, come i miei genitori». I podcast, disponibili sul sito maschiacci.dogear.it, si presentano come colloqui di mezz’ora con attrici, scrittrici, dirigenti d’azienda, donne che possono diventare un punto di riferimento attraverso le loro esperienze.
A proposito di donne, Coop ha portato avanti una campagna per ridurre l’Iva sugli assorbenti, sei d’accordo?
Ho aderito anche io. Per cambiare le cose servono consapevolezza e azioni concrete. Gli assorbenti sono tassati più del tartufo, è assurdo perché si tratta di un bene di prima necessità che serve nella vita quotidiana, mentre i tagliolini al tartufo anche se li consumi una volta l’anno sei ugualmente felice. Se poi ci confrontiamo con gli altri Paesi europei, dove la tassazione è al massimo al 5%, proprio non si capisce perché in Italia si debba pagare il 22%.
Venti euro al mese per gli assorbenti, moltiplicati per tutta la vita fertile di una donna, diventano una spesa davvero importante. C’è chi non se la può permettere, ma è una questione di igiene e di salute. Finché a decidere sono gli uomini, le cose non cambieranno, perché per loro è impossibile immedesimarsi nel corpo di una donna.
Come è stato tornare sul palco dopo il lungo stop dovuto alla pandemia?
Abbiamo bisogno del contatto con il pubblico, dico sempre che i concerti si fanno in due, anzi in tanti, da una parte c’è l’artista, dall’altra il pubblico che dà l’energia per sostenere un concerto. Quando manca è difficile. Nel periodo del Covid siamo stati molto da soli, a contatto con gli altri soltanto tramite uno schermo, e non è stato semplice a livello psicologico.
Il 15 settembre a Firenze canterai sul palco dello “storico” dell’Anfiteatro della Cascine che ha ospitato personaggi del calibro di Sting e altri famosissimi… quali sensazioni?
La cosa straordinaria di questi tour estivi è che, per far sì che tutti siano distanziati, vengono fatti in spazi molto grandi, in passato calcati da artisti famosi, per cui ci capita di salire su un palco dove negli anni scorsi c’erano stati i Franz Ferdinand o Sting. È molto emozionante. Spesso sono anche luoghi belli e il colpo d’occhio è particolare.
In Toscana ho la fortuna di suonare in situazioni suggestive, fra cui anche le Cascine. Si sa che Firenze ha ospitato concerti di ogni tipo, è una città piena d’arte dove sono passati nomi importanti.
Quali sono i tuoi riferimenti musicali? Chi ascoltavi quando eri ragazzina?
La mia band del cuore di quando ero ragazzina sono i Red Hot Chili Peppers, che avrei dovuto vedere lo scorso anno a “Firenze Rocks” con il ritorno di John Frusciante ma poi è saltato tutto per la pandemia. Adesso mi piace tantissimo Daniel Wright, una volta per andare a un suo concerto al “Pistoia Blues Festival” feci un viaggio della speranza prendendo una serie di treni regionali dal sud. Un’altra volta ho comprato addirittura un biglietto per un concerto in Slovacchia.
Sei una cantautrice, ti piace anche cantare testi che non scrivi personalmente?
Quando è successo, è stato perché ho potuto approfondire la conoscenza con altri musicisti e questo ha permesso loro di entrare nel mio immaginario. L’amore esiste scritta da Fortunato Zampaglione, ma prima gli ho mandato una mail lunghissima nella quale raccontavo il mio mondo.
Senti la responsabilità di essere un modello per i giovani? Generalmente stai attenta a non scrivere qualcosa di poco rispettoso?
Naturalmente non mi verrebbe mai di scrivere cose offensive o irrispettose, è vero però che l’artista è libero e oggi invece questo si dimentica, è come essere sempre davanti al Tribunale dell’Inquisizione. La canzone è invece un luogo libero, anche per mettere una maschera o prendertela con qualcuno, lo hanno fatto in passato anche i poeti greci.
Nei testi di certa musica trap però si esagera…
Con tutto il disagio giovanile che c’è, ci sta che qualcuno scriva un pezzo contro. La musica non è un articolo di giornale dove si deve seguire un codice deontologico. Se ci fosse la censura, saremmo in un regime dittatoriale.
Da cosa deriva questo disagio?
La mia generazione vede davanti a sé un futuro abbastanza sbiadito, perché chi ci ha preceduto ha vissuto senza pensare a chi sarebbe venuto dopo, consumando le risorse naturali ed economiche disponibili. Noi dobbiamo reinventarci e ascoltare il nostro pianeta, che ci sta dicendo che abbiamo i giorni contati.
Con il Covid gli studenti si sono fatti due anni in Dad, quante possibilità in meno hanno avuto! Gli inglesi direbbero che è una generazione broken, spezzata e lacerata dentro, e va ricucita con dolcezza non con gogne mediatiche.
Che studentessa eri?
Ho studiato al liceo classico sperimentale, poi ho scelto il conservatorio e ad ottobre mi laureo in canto jazz. Ero ribelle, ma studiosa. Ho sempre amato studiare, perché questo mi faceva sentire protetta, anche nei confronti dei professori, che talvolta sfidavo con le mie idee. Amavo la filosofia e il latino, ma anche la biologia. Avrei potuto sceglierla all’Università, poi ho preferito approfondire il percorso artistico che avevo già intrapreso.