Cara Coop,
Cosa possono fare le imprese per favorire una reale parità fra uomini e donne?
(PAOLA M.)
Risponde Vera Gheno, sociolinguista e attivista per la parità di genere
Le donne in Italia subiscono discriminazioni e disparità economiche molto forti. È una questione di cultura, di società e di mentalità che va anche oltre il mondo del lavoro ma, secondo me, non ci possiamo permettere troppo “benaltrismo” in questo campo, perché passiamo una parte notevole, forse esagerata, della nostra vita in azienda. Credo molto nella formazione, cioè nel fatto che le imprese sono anche tramite di conoscenza e di educazione, e negli strumenti di welfare aziendale, come i nidi o altri supporti che sostengano concretamente la conciliazione vita-lavoro. In generale, le imprese non si possono trincerare dietro a dati di facciata.
Oggi teoricamente in Italia le donne possono studiare qualsiasi cosa, non ci sono discriminazioni di genere e retributive nello stipendio base, uomini e donne hanno le stesse opportunità. Poi nella pratica non è così, anche perché non si calcola quasi mai l‘’impegno extra che viene richiesto a una donna, mediamente, nel gestire la famiglia e la vita lavorativa. Lo evidenzia anche il lessico: quando diciamo che un bravo marito “aiuta” in casa, sottintendiamo che è ancora normale che i lavori di casa siano una questione femminile, nella quale al massimo l’’uomo dà una mano.
C’è un surplus di stress nell’’organizzazione della vita familiare che, al di là di proclami di parità, ricade quasi esclusivamente sulle donne, che ad esempio possono fare meno straordinari. E così gli uomini hanno più tempo da dedicare al lavoro, guadagnano di più e avanzano in carriera più velocemente. Lo dimostrano i dati mostruosi dei posti di lavoro persi, durante la pandemia, quasi esclusivamente da donne: nel momento in cui crolla il supporto fornito dallo Stato, il lavoro di cura ricade quasi tutto su di lorolle donne. Che sono tornate in cucina, a occuparsi di anziani e bambini, mentre l’uomo è rimasto colui che porta a casa il pane.
Oggi assistiamo anche a una certa pressione, nel dibattito pubblico, affinché le donne tornino a fare figli, il problema, però, non è fare figli, ma tirarli su. Ci troviamo davanti una politica miope, di mistificazione della maternità. Mi viene in mente l’intervento che fece la senatrice Mennuni in televisione, in cui diceva: bisogna far sì che le ragazze, le diciottenni, sognino di sposarsi e di fare figli. Però poi all’’atto pratico ricordo che, oltre ad avere aumentato l’Iva sugli assorbenti, l’hanno aumentata anche sul latte in polvere, sui pannolini e su altri prodotti necessari per chi ha bambini.
Non ha senso invitare i giovani a fare figli senza lavorare sul welfare, cioè sulla possibilità di mantenere una famiglia in maniera dignitosa e senza rinunciare alla carriera. Crediamo davvero che la soluzione sia tornare a una situazione anni ‘’50, in cui le donne stanno in casa con i bimbi e il maschio invece porta a casa il reddito? Io penso di no.
Vera Gheno ha scelto di schierarsi pubblicamente per la petizione “Stop Tampon Tax” di Coop contro l’innalzamento al 10% dell’Iva sugli assorbenti femminili.