“Loro” è il vero nome del borgo, quello attestato fin dal Medioevo: deriva da “laurus”, l’alloro in latino. “Ciuffenna” è invece il nome del torrente che lo bagna. “Loro Ciuffenna” è diventato ufficialmente il nome del borgo a partire dal 1863, a seguito di delibera del Consiglio comunale in seduta del 6 dicembre 1862. Le origini di questo borgo rimontano ai tempi degli etruschi, quando tutto il territorio del Valdarno era fiorente di commerci: il nome del torrente è di chiara derivazione etrusca, segno che quest’area era anticamente abitata, ma niente è rimasto di un possibile insediamento. Oggi rappresenta una delle tappe più suggestive del “Cammino dei Setteponti”, l’antica strada toscana che collega Firenze e Arezzo.
Per avere testimonianze certe di Loro occorre attendere il 1059: in un documento, i conti Guidi, che dominavano il territorio, risultano i tenutari del feudo.
La vita da queste parti scorre tranquilla, tolta qualche scorreria degli eserciti che, tra Medioevo e Rinascimento, percorrono l’Italia centrale dall’alto al basso e viceversa, e il borgo ha dunque modo di svilupparsi: Loro, vicina a Firenze, alla fertile pianura del Valdarno e all’antico tracciato della Cassia che collega Roma al capoluogo toscano, è un centro strategico per i fiorentini, che nel 1293 revocano ai conti Guidi la giurisdizione sull’area, e investono ingenti risorse per ammodernare e ingrandire il borgo.
Significative testimonianze medievali, in questo borgo alle pendici del Pratomagno, non ce ne sono praticamente più, cancellate dallo scorrere del tempo. È rimasta qualche traccia del castello, che ancora si scorge tra le abitazioni nel nucleo più alto del paese. È rimasto il mulino ad acqua, con tutta probabilità il più antico della Toscana (risale al dodicesimo secolo): serviva per macinare le castagne per ottenere la tipica farina del territorio, e ancor oggi è in attività, oltre che visitabile. Ed è rimasto il ponte di pietra a schiena d’asino che attraversa, altissimo, il Ciuffenna: questo è addirittura di epoca romana, anche se fu ampiamente rimaneggiato nel Medioevo.
Non vediamo più l’antica porta d’accesso al borgo, oggi trasformata in una torre dell’orologio, verniciata di rosso vivo. C’è però la chiesa di Santa Maria Assunta, che in origine era la cappella del castello dei Guidi: l’assetto è ancora quello duecentesco, e all’interno si conservano frammenti d’affreschi del Tre e del Quattrocento, e soprattutto due tavole, un’Annunciazione e una Pietà, di uno dei più sottovalutati ingegni del Cinquecento toscano, il manierista Carlo Portelli, una delle personalità più eccentriche e originali del suo tempo. Anche lui probabilmente nativo di Loro Ciuffenna.
È rimasta, naturalmente, quella che tutte le guide chiamano “atmosfera”. Accresciuta dalla particolarità del luogo, dato che il borgo è incuneato in una gola all’inizio del Pratomagno, e il Ciuffenna, insinuandosi tra le abitazioni, forma cascatelle e scorre tra alte pareti di roccia e piccoli strapiombi scoscesi. Il Medioevo che tutti i viaggiatori cercano forse è da trovare fuori dal borgo, nelle tante pievi del territorio, a cominciare da quella più nota, la pieve di San Pietro a Gropina, poco lontana da Loro, spoglio e sobrio esempio d’architettura romanica, tra i meglio conservati della Toscana. È citata già nell’ottavo secolo, ma l’edificazione risale addirittura a tre secoli prima: un’infondata tradizione popolare ne attribuisce la fondazione a Matilde di Canossa, ma al di là delle fantasie della comunità è qui più interessante constatare come la posizione centrale di Loro negli scambi tra nord e sud della penisola abbia reso la pieve di Gropina uno degli edifici più straordinari del territorio (basti dare un’occhiata anche rapida al pulpito di cultura longobarda, scolpito nel periodo in cui la Toscana, come gran parte dell’Italia, era parte del regno longobardo): la chiesa era luogo di sosta lungo i traffici che interessavano quest’area dell’Italia e doveva dunque garantire un’adeguata accoglienza a viandanti e pellegrini. La pieve di Gropina si trova a poca distanza da Loro, alla fine di una strada che s’inoltra in mezzo agli ulivi e ai castagni, costeggiata da bassi muretti a secco. E poco lontano, sempre nelle campagne e sulle colline, altre pievi punteggiano il territorio: la badia di Sant’Andrea, il seicentesco santuario della Madonna dell’Umiltà, la chiesetta romanica dell’Assunta a Poggio di Loro, la pieve di San Giustino.
Tornati nel borgo, non si potrà non render omaggio a un altro grande artista nato a Loro Ciuffenna, Venturino Venturi, al quale è stato dedicato un museo (il Museo Venturino Venturi, appunto), che ospita novantadue opere, tra sculture e disegni, che testimoniano quarant’anni d’attività del grande artista che s’era formato a Firenze diventando amico di Ottone Rosai, di Eugenio Montale, di Mario Luzi e di Vasco Pratolini, e aveva poi studiato a Milano, a contatto con Lucio Fontana e altri tra i maggiori artisti del tempo. È noto soprattutto per aver vinto, nel 1954 (quattro anni dopo la sua partecipazione alla Biennale di Venezia), il concorso per il parco monumentale di Pinocchio a Collodi, per il quale avrebbe realizzato il suo capolavoro, la piazzetta dei mosaici. “Di Venturino Venturi”, scrisse lo stesso Mario Luzi, “mi colpì fin dai primi approcci la forma, il soffio di elementarità creatrice. Credo anche oggi che lì stia la causa del suo potente fascino. Ci sono degli artisti che spontaneamente ripropongono la natura e il principio dell’arte, rimandano cioè all’origine del suo fenomeno. Non sono artisti incolti, ma la cultura non ha in essi compito di mediazione, piuttosto potenzia e libera una disposizione talmente semplice, tanto poco scomponibile da coincidere con la prima necessità che presiede all’esistenza dell’arte”. E questo era l’arte di Venturino Venturi: riportare la scultura alla sua dimensione primaria. E le sue sculture oggi non si trovano solo nel museo, ma anche nel borgo: il monumento alla resistenza, per esempio, ricorda il tributo pagato da Loro Ciuffenna durante la seconda guerra mondiale. Anche i borghi più piccoli mai si sono sottratti al corso della grande storia.
Toscana da scoprire è una collaborazione iniziata a luglio tra Informatore e Finestre sull’Arte, testata giornalistica che si occupa di arte antica e contemporanea, per raccontare ogni settimana sul sito dell’Informatore i più bei borghi toscani ancora da non perdere.