Bernard Berenson, il grande storico dell’arte, diceva che ci sono soltanto due posti in Italia che hanno conservato intatto lo spirito del Quattrocento. Uno è Asolo, in Veneto. L’altro è Cetona, in Toscana. Le cose però ad Asolo sono molto cambiate negli ultimi decenni, e l’industrializzazione ha in parte modificato il paesaggio che circonda la cittadina dove Bembo ambientò i suoi Asolani. Cetona invece s’è preservata un po’ meglio, e trarne le dovute conseguenze non è dunque complicato. Né è troppo difficile comprendere perché Berenson amasse il paesaggio di Cetona, ancora relativamente intatto, e non toccato dal turismo di massa: a Cetona non ci sono gli americani e i giapponesi che con la bella stagione si riversano per le vie di Siena, di Pienza, di Montepulciano, o si fanno i giri di tutte le cantine del Chianti possibili e immaginabili. Tutt’al più ci si troverà qualche attore famoso: negli anni Settanta, Cetona divenne famosa come “la piccola Hollywood“, date le frequentazioni che annoverava. E il suo centro storico non è stato stravolto o sfigurato. Anzi: in molti dei vicoli del centro si ha quasi la sensazione che qui la modernità non sia mai arrivata.
Lungo “le coste”, le vie lastricate così dette perché s’arrampicano verso la cima del colle su cui sorge Cetona, le basse case in pietra del rione delle Monache, il quartiere ai piedi della Rocca, sono rimaste così da secoli. E mentre ci s’avvicina verso la piazza principale, il grosso slargo voluto nel Cinquecento dal marchese Gian Luigi Vitelli, le case in pietra cedono il posto alle facciate eleganti dei palazzi rinascimentali, con i loro conci regolari, il bugnato sugli angoli, i portali decorati.
La grande piazza, dedicata a Garibaldi, pare quasi una presenza aliena, date le sue dimensioni: è enorme rispetto al borgo, ma del resto, all’epoca, il marchese volle trasformare l’antica cittadina donandole un accesso grande e dall’aspetto imponente e monumentale. Ed è attorno a piazza Garibaldi che oggi si concentra la vita del borgo. È talmente grande che vi sorgono due chiese: insolito, per un borgo di duemila abitanti. Una delle due chiese è quella di San Michele Arcangelo, la più antica del borgo, che si trova in un angolo riposto della piazza: l’anno di fondazione è il 1155, anche se oggi si presenta al viaggiatore nelle sue forme secentesche. Risale, insomma, al periodo in cui si hanno le prime attestazioni del borgo.
La prima citazione in un documento, in particolare, risale al 1207, quando Cetona è nominata come un castello, posto sotto il dominio del conte Ildobrandino. A lungo contesa tra Orvieto e Siena, Cetona fu conquistata da Braccio di Montone, signore di Perugia e capitano di ventura al soldo dei senesi: passò così definitivamente sotto la Repubblica di Siena e ne seguì le sorti, anche quando Siena fu conquistata dai fiorentini, nel 1556.
Dopo il passaggio al ducato di Toscana, Cosimo I de’ Medici concesse il feudo di Cetona ai marchesi Vitelli, ed è sotto di loro che la cittadina conobbe le maggiori trasformazioni: gli stessi Vitelli, nella piazza che Gian Luigi fece aprire, edificarono la loro residenza, Palazzo Vitelli, oggi residenza privata. E nello stesso periodo sorse la seconda chiesa della piazza, la chiesa dell’Annunziata, nei secoli inglobata dalle abitazioni che le sorsero attorno, ma dalla fisionomia ancora ben riconoscibile, e oggi sconsacrata: è sede di mostre ed eventi. I lavori promossi da Vitelli interessarono anche le antiche fortificazioni: la Rocca venne trasformata in una sontuosa residenza dimora, e le stesse mura che cingevano il borgo non ebbero più ragione d’esistere, tanto che oggi ne sopravvivono pochi brani. Fa eccezione la torre del Rivellino, ancora visibile: è l’unica fortificazione della terza cinta muraria di Cetona a esser sopravvissuta.
Le sorprese non son però finite. Inoltrandosi lungo via Roma s’incontra, verso metà, la mole del secentesco Palazzo Minutelli, sede del Comune nonché del locale Museo civico per la preistoria del monte Cetona, che raccoglie oggetti provenienti dagli antichissimi insediamenti del territorio: l’uomo abitò queste terre fin dal paleolitico. Pochi passi più avanti è la chiesa della Santissima Trinità, d’origine duecentesca ma rimodellata nel Cinquecento: l’interno conserva affreschi di scuola pinturicchiesca e tele del Settecento. Tornando in piazza Garibaldi, la si aggira per visitare il cosiddetto “quartiere settecentesco”, interessante operazione urbanistica di quel secolo, voluta dal nobile Salustio Terrosi, che “riqualificò”, naturalmente secondo la concezione del tempo (si legga: abbatté diverse casupole medievali) il rione che aveva scelto per costruire la propria dimora, circondandolo d’un vasto parco e di edifici di servizio, il tutto innestato nel tessuto urbano del borgo cercando di preservarne l’armonia. La villa (curiosamente detta “la Vagnola”, dal momento che Maria Antonietta Vagnoli era la moglie di Salustio Terrosi: è oggi proprietà dello stilista Valentino) è circondata da un parco parzialmente visitabile.
Uscendo dal borgo, ci si può fermare per una visita al duecentesco convento di San Francesco, prima d’immergersi in un paesaggio fatto di dirupi scoscesi e dolci colline, cipressi e lecci, pievi medievali e piccoli borghi fortificati, eremi e castelli. Un paesaggio che starebbe bene in un quadro nel Quattrocento. Per questo Berenson amava così tanto il paesaggio di Cetona.
Toscana da scoprire è una collaborazione iniziata a luglio tra Informatore e Finestre sull’Arte, testata giornalistica che si occupa di arte antica e contemporanea, per raccontare ogni settimana sul sito dell’Informatore i più bei borghi toscani ancora da non perdere.