“Città dell’ironia, per il suo buon gusto nella vita“.
“Città della passione, per la sua propizietà agli ozi“.
“Città della regola, per l’assenza assoluta di stonature nel materiale e nello spirituale”.
Così viene descritta Torino da Cesare Pavese che, nato nelle Langhe, cresce intellettualmente alla scuola privata di via Garibaldi per poi proseguire il suo percorso scolastico al liceo classico Cavour. Proprio Cavour morì nel 1861, all’attuale numero 8 della via che poi fu a lui intitolata. Su questa morte improvvisa si aprono ipotesi complottistiche e misteri sull’uomo che guidò il primo governo dello Stato unitario. Si potrebbe continuare all’infinito, citando aneddoti e racconti, che in Torino magica, recente “guida narrativa” della città pubblicata da Neri Pozza, ci portano a scoprire una città di segreti esoterici, di storie, di personaggi magici e di memorie sepolte.
Abbiamo chiesto a Elena Loewenthal, direttrice della Fondazione Circolo dei Lettori di Torino, cosa è rimasto di queste storie nella Torino di oggi e cosa la rende una “città del libro”.
L’intervista
Che cos’è e cosa fa il Circolo dei lettori di Torino?
Il Circolo dei lettori di Torino ha 15 anni ed è una realtà complessa e particolare, una comunità, un luogo bello con molte sale e stanze a Palazzo Granieri della Roccia, dove nel corso della giornata si svolgono tante attività: gruppi di lettura, presentazioni dei libri, corsi…Abbiamo anche una sede a Novara e una a Rivoli, in provincia di Torino, dedicata alla musica. Al Circolo dei lettori si viene però anche solo per sedersi e bere un caffè, sentire l’atmosfera, passare il tempo. Siamo mi lasci dire “il braccio armato” della cultura torinese dove gli autori italiani e non solo tornano sempre volentieri per l’atmosfera che c’è ed il pubblico, che è sempre molto caloroso e numeroso.
Qual è la vostra collaborazione con il Salone del libro di Torino?
C’è un vero e proprio sodalizio. Il Circolo di lettori collabora alla realizzazione delle iniziative culturali del Salone del Libro, nella realizzazione degli eventi e degli incontri con gli autori costruiti dal direttore editoriale Nicola Lagioia con una squadra che fa capo proprio al Circolo dei lettori.
Il Salone è stato motore di questa realtà editoriale oppure viceversa è il terreno culturale già esistente che ha permesso di nascere al Salone?
Tutte e due. Il Salone nacque più di trenta anni fa per volontà, tenacia e sogno di un grande libraio torinese, Angelo Pezzena, che riuscì a coinvolgere un commercialista della città, Guido Cornero, il quale si lasciò travolgere dal sogno di qualcosa che in Italia ancora mancava. Fu Angelo Pezzena a portare i grandi autori americani in Italia a e a Torino in particolare. Il Salone da allora è parte imprescindibile di questo territorio, lo anima. Nei giorni del Salone la città si riempie, è una festa cittadina. Ma Torino è sempre stata città di grandi intellettuali e grandi case editrici.
In una guida narrativa uscita di recente “Torino magica” di Vittorio del Tufo (Neri Pozza, 2020) l’autore va alla ricerca delle storie esoteriche della città, svelandone un lato nascosto. Qual è la Torino contemporanea e come dialogano la sua storia con l’oggi, dal punto di vista culturale ?
Torino è una città che più di altre ha subito il trauma della postindustrializzazione. Dagli anni’50 in poi è stata, sul richiamo delle grandi industrie, uno straordinario laboratorio di incontri, prima tra italiani, e poi tra persone dei vari Paesi del mondo. Porta Palazzo, uno tra i più grandi mercati d’Europa, dove adesso si trovano prodotti di tutto il mondo, negli anni ‘50 fu il primo mercato d’Italia ad ospitare i prodotti che venivano dalla Sicilia, Calabria, Puglia…Torino è stata una città di grandi sperimentazioni culturali, sociali e in questo senso pur avendo perso negli ultimi anni la vocazione industriale conserva ancora un grande potenziale di laboratorio, con una vita culturale, editoriale ed artistica piuttosto varia, nonostante le difficoltà, soprattutto di questi ultimi mesi.
Quali sono le caratteristiche che rendono un città, città del libero?
Ogni città dovrebbe essere una città del libro, i libri dovrebbero essere pane quotidiano ovunque. Non lo dico perché lavoro con i libri da sempre, ma perché il libro resta qualcosa d’insostituibile, nonostante le molte sollecitazioni di carattere culturale e di evasione che il mondo di oggi ci offre. Torino lo è ancora di più perché ospita il Salone internazionale del libro, e per l’esistenza del Circolo dei lettori, una realtà che spesso desta stupore perché nessuno immagina che sia un luogo così vivace e divertente.
L’avvento della tecnologia e dei social hanno cambiato il mondo della filiera del libro e portato alla nascita anche di nuove figure professionali. Qual è secondo lei il futuro del libro?
Quello che accadrà in futuro non posso dirlo. Certamente il digitale deve diventare sempre più una risorsa per i lettori, non credo porterà alla sostituzione del libro. Il web, e si è visto in questi mesi di lockdown, si è rivelato un buon sistema per conoscere i libri, e i loro autori. La filiera del libro avrà sempre bisogno di buoni autori ed editori, di attenzione. Il lavoro del revisore, di colui che dentro la casa editrice si occupa di editing, che legge e corregge, credo sia un mestiere sempre più necessario.
Che libro sta leggendo in questo momento o che libro consiglia ai nostri lettori?
Per me è sempre molto difficile consigliare libri perché difficilmente ne leggo uno soltanto. Sto rileggendo Carlo Levi, e “Horcynus Orca” di Stefano D’Arrigo, un capolavoro anche se difficile e complesso. Un consiglio per i lettori? Entrare in libreria, sfogliare i libri, girare, guardare le quarte di copertina e provare a capire cosa sentono. La lettura è qualcosa di molto personale, la lettura è prima di tutto un esercizio di libertà e va rispettato. Anche quando mi chiedono: mi consiglia un libro per mio figlio? Rispondo: lo porti in libreria e gli faccia scegliere quello che preferisce.
( A cura di Mira!)