Premio In-Box: i vincitori. Retrospettiva II parte

Secondo appuntamento della rubrica dedicata ai vincitori negli ultimi anni del premio In-Box. Qui l'intervista a Leonardo Manzan, regista dello spettacolo vincitore del premio In-Box 2018 It's App To You - o del solipsismo

Oggi, per la nostra rubrica intervistiamo Leonardo Manzan, regista dello spettacolo vincitore del premio In-Box 2018 It’s App To You – o del solipsismo, uno spettacolo teatrale, più propriamente un videogioco teatrale. Una realtà virtuale a 360° dove il confine tra finzione e realtà diventa labile, come se la virtualità si rivelasse più reale di quanto si possa pensare, dove si perde di vista se sia lo spettatore a decidere le sorti del gioco teatrale o il gioco stesso a controllare la volontà del pubblico.

Leonardo Manzan, romano classe 1992, si diploma come attore all’Accademia d’Arte Drammatica Paolo Grassi di Milano nel 2015. Esordisce come autore, regista e interprete con lo spettacolo It’s App to You – o del solipsismo con cui vince numerosi premi e riconoscimenti. Si è rivelato tra i giovani talenti alla Biennale di Venezia aggiudicandosi nel 2018, con Cirano deve morire, il primo premio della Biennale College Teatro – Registi under 30. Invitato nuovamente alla Biennale nel 2020 presenta Glory Wall che vince il premio come miglior spettacolo della Biennale di Venezia. 

Foto Federica di Benedetto g.c. Murmuris

A che punto della tua carriera è arrivato il premio In-Box?

All’inizio, con il mio primo spettacolo, dopo appena tre anni dal diploma della Paolo Grassi. Già in accademia mi venne l’idea di It’s App To You, uno spettacolo-videogioco sul tema del libero arbitrio. Conclusa l’accademia assieme Paola Giannini e Andrea Delfino, due miei compagni del corso di recitazione, abbiamo allestito lo spettacolo di cui io ho curato la regia. Nei tre anni precedenti a In-Box lo spettacolo aveva già vinto alcuni premi e realizzato un buon numero di repliche. Pronti a metterlo da parte per lavorare a un nuovo progetto è arrivato il premio di In-Box che gli ha regalato una seconda vita.

Foto Federica di Benedetto g.c. Murmuris

Cosa è cambiato da un punto di vista professionale dopo questa esperienza?

La lunga tournée in giro per l’Italia di In-Box, costituita principalmente di debutti a data singola, mi ha permesso di imparare sul campo gli aspetti pratici e quasi artigianali del mestiere di regista. Lo spettacolo si muoveva interamente dentro una Fiesta di fine anni ’90, attori e scene incluse. La regia luci e audio è gestita direttamente sul palco da uno dei tre attori, così, non avendo la possibilità né la necessità di portarci dietro tecnici, mi occupavo direttamente io di tutto l’allestimento. Dovendo di volta in volta adattare lo spettacolo ai teatri più diversi, ho potuto imparare molto di tecnica del suono e di illuminotecnica. 

Foto Federica di Benedetto g.c. Murmuris

Come sta proseguendo il tuo lavoro in questo momento particolare?

Non posso lamentarmi. Lo stesso anno della vittoria di In-Box ho vinto anche Il bando per registi under 30 della Biennale Teatro di Venezia diretta da Antonio Latella con Cirano Deve Morire. Lo spettacolo, scritto assieme a Rocco Placidi, ha debuttato l’anno successivo alla Biennale (e sarà ripreso presto nella nuova coproduzione del Teatro Vascello di Roma e ElleDiEffe).

L’anno successivo Antonio Latella mi ha chiamato a presentare un nuovo spettacolo per l’edizione della Biennale Teatro 2020 sul tema della censura. È nato Glory Wall che ha vinto il premio come miglior spettacolo della Biennale 2020, premio assegnato da una giuria di critici internazionali. Glory Wall, che riconferma la collaborazione con Rocco Placidi alla scrittura e la presenza di Paola Giannini in scena, sarà in tournée nella primavera del 2022.

Su quale progetto stai lavorando?

Adesso sto lavorando ad un allestimento de L’Ultimo Nastro di Krapp di Samuel Beckett che debutterà a Luglio a Pordenone.

Da spettatore, qual è il tuo spettacolo preferito?

Ne ho diversi, non mi è semplice stilare una classifica. Oltre a tutti gli spettacoli di Antonio Rezza, spettacoli che conosco a memoria e ho rivisto più volte, se devo elencare in ordine sparso i lavori che mi hanno segnato di più direi Kultur di El Conde de Torrefiel (visto  al Donau Festival di Krems); Un tram che si chiama desiderio, regia di Antonio Latella; Il Faust di Bob Wilson (visto al Berliner Ensemble); Alcuni lavori di Julian Hetzel (artista che ho conosciuto proprio in occasione della Biennale 2019); Remote Milano dei Rimini Protokoll; 4 di Rodrigo Garcia…

(a cura di Francesca Valeri)

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