Alessandro Barbero: Durante, detto Dante

Il successo del suo libro Dante (ed. Laterza) e gli ottimi ascolti della docufiction Alighieri Durante, detto Dante, andata in onda su Raiuno (con ascolti record di oltre 1.300.000 spettatori in seconda serata), confermano, una volta di più, l’attenzione che puntualmente risveglia ogni nuova proposta dello storico Alessandro Barbero.

Ma allo stesso tempo, come non rallegrarsi del grande interesse che ancora sa suscitare il sommo poeta!E proprio all’accademico torinese (che dal 2013 conduce su Rai Storia il programma a.C.d.C), preso da mille impegni – ma è riuscito a trovare il tempo per rispondere alle nostre domande -, chiediamo di spiegare il segreto della tanta passione che accompagna il padre della nostra lingua.

«Dante è qualcosa che noi italiani sentiamo profondamente nostro. E intendo tutti gli italiani, non solo i letterati o i cosiddetti lettori forti. Per le traduzioni del mio libro in Inghilterra e in Francia gli editori stranieri mi hanno chiesto un’introduzione in cui spiegare ai loro lettori chi è Dante e perché è importante. In Italia questo sarebbe impensabile: tutti hanno sentito nominare Dante. Il pubblico dei lettori di libri è fatto da persone che per lo più hanno letto la Divina Commedia a scuola, nel triennio del liceo, e la cosa straordinaria è che mentre la lettura obbligatoria a scuola rovina altri libri (ad esempio I promessi sposi, di cui solo da adulti scopriamo che è un libro molto divertente), Dante non ne esce rovinato: nessuno dice “Dante, che pizza!”. Dante ci parla, e lo fa nella nostra lingua, parlando di noi».

Qual è il modo più corretto (e popolare) per approcciarsi al poeta, senza avere necessariamente una competenza letteraria da professore universitario?

Premettiamo che se uno è professore universitario di storia medievale, come me, non ha necessariamente anche una competenza letteraria, io per esempio non ce l’ho affatto; leggo quello che mi piace e non saprei spiegare perché mi piace! Dopodiché, capisco quel che mi si chiede: ci sono pagine di Dante, nel Paradiso ad esempio, che sono altissime e per comprenderne il messaggio ci vuole una preparazione. Però ce ne sono anche altre che emozionano chiunque e in qualunque situazione, come si emozionava Primo Levi, ricordando il canto di Ulisse, nel fango di Auschwitz. Ecco, secondo me quando ci parlano di Dante è importante che ci facciano capire che Dante è emozionante, e può far venire i brividi. Se ci fanno capire questo, allora tutto il resto va bene.

Catapultando, per gioco, Dante ai giorni nostri, che tipo d’uomo sarebbe?

Beh, stando allo scherzo, potrebbe venire in mente Massimo Cacciari: un grande intellettuale, prestato alla politica, frequentemente crucciato, sdegnoso, qualche volta profetico.

Sarà orgoglioso di questo paragone! E quali personaggi del presente crede che Dante metterebbe senza esitazione in un suo novello Inferno?

Nessuno chiede mai del Purgatorio. E invece il Purgatorio è fondamentale, perché è il luogo dove è possibile la salvezza anche per i comuni mortali, dove si salva anche chi ha tante colpe, purché ci sia qualcosa che lo riscatta, magari all’ultimo momento. Bisognerebbe chiedersi chi è che Dante metterebbe in Purgatorio anziché all’Inferno, perché di per sé la fila d’attesa per le bolge degli inferi sarebbe già interminabile, basta guardarsi intorno…

Curiosità…In scena

C’era anche Bruno Santini, l’autore di questo articolo, nel cast della “docufiction” Alighieri Durante, detto Dante andata in onda su Raiuno lo scorso gennaio. Interpretava Dino Compagni, contemporaneo di Dante, anche se più anziano di venti anni, allo stesso modo impegnato nel governo della Repubblica fiorentina e autore di una Cronica sulla storia della città.

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