A tavola con lo chef Marco Stabile

Dopo il Coronavirus, come sarà? A chiederselo, anche lo chef stellato Marco Stabile che ci ha raccontato la sua idea di futuro possibile, nel suo ristorante l’Ora d’aria, di via del Georgofili, a Firenze

Marco Stabile, chef stellato, toscano doc, nato a Lari, nel 1973, si è formato nello storico Istituto Alberghiero di Montecatini, ed è sempre rimasto ancorato alla sua terra, anche se qualche anno fa ha contribuito all’apertura di un locale a Miami. Nel suo profilo di chef di innovazione, ha sempre mantenuto integre le radici e i sapori della tradizione gastronomica di origine. Da dicembre 2011 vanta uno dei traguardi più ambiti:la prima stella Michelin. Oltre ai tanti riconoscimenti nazionali ed internazionali, dal 2019 è presidente dell’Associazione dei ristoratori della provincia di Firenze con un incarico di 4 anni.

Dopo il Coronavirus, come sarà? A chiederselo, anche lo chef Stabile che, tra una chiacchiera e una ricetta, ci ha raccontato la sua idea di futuro possibile, nel suo ristorante l’Ora d’aria, di via del Georgofili, a Firenze.

“Una delle cose che può incoraggiare – spiega lo chef – è che, anche in altri momenti di grave crisi, il cibo, lo stare insieme a tavola, sono sempre stati un conforto. Dopo la guerra o le crisi economiche la tavola è sempre stato il primo luogo dove le persone di sono ritrovate perché il cibo è un piacere intorno a cui fare comunità. Dopo questo periodo duro, la gente avrà voglia di stare bene insieme. Anche senza spostarci molto, noi toscani qui abbiamo tutto: cibo, bellezza, natura, arte. Riscopriremo tante cose che avevamo sotto gli occhi e non vedevamo più”.

Prima e dopo: come pensa che cambierà una tavolata fra amici e una serata fuori casa?

Avevo quattordici tavoli, con un turno unico e una lista di prenotazioni con un’attesa di venti giorni. Domani penso a massimo sette tavoli, con due turni di ospiti e un periodo iniziale a prezzi ridotti. Di fronte a una minaccia così grande, si deve cambiare mettendo al primo posto la salute di tutti noi.

Tra i tanti che ha ospitato a tavola, ricorda qualcuno in particolare?

Sì, Michelle Pfeiffer da bambino era un mio mito, mi sembrava una Dea e vederla nel mio locale, in incognito con il marito regista, mi sembrava proprio un film. Per lei ho cucinato tre piatti diversi a base di carciofi che lei adora. Ricordo anche Andrea Giuliacci, figlio dello storico colonnello metereologo: quando ho in calendario eventi di cucina all’aperto, mi ha garantito un bollettino personalizzato, con tanto di avviso se si profilano “scie chimiche” all’orizzonte. Ci siamo fatti una risata insieme.

Dopo la crisi, la rinascita. Con quale nuovo piatto nel menù?

In questi giorni ho sperimentato un classico che faceva sempre mio padre: pasta aglio, olio e peperoncino. Io l’ho provata in versione “cremosa”, con la tecnica della doppia cottura che già uso per la pasta aglio, olio, cacio e pepe, tra i piatti più amati del mio menù. Il gioco di amidi crea una vera e propria crema da arricchire con olio, rigorosamente a crudo.

La parola chiave per ricominciare?

Determinazione. Lo dico anche ai colleghi, come presidente dell’Associazione dei ristoratori fiorentini. Sarà come il giorno dell’inaugurazione di un nuovo ristorante, la faremo una seconda volta: da zero e in salita, si ricomincia così. Personalmente ho già passato momenti difficili, quando all’inizio il locale non decollava. Allora ho fermato tutto, ricominciato con le idee chiare e il vento, poi, ha girato bene. Non sempre ricominciare da zero è un male.

Poi nel 2011 arriva la stella Michelin. Si sente un vip?

Io, Marco, personalmente no. Il ristorante è la vetrina del buon cibo, non dello chef “divo”. Lo chef non è un uomo da palco ma da fornelli, vuole stare in cucina per davvero. Mi piace stare a contatto ma con le persone che tornano qui per le mie ricette. Le vere “star” per cui impazzire sono loro.

La prima cosa che farà dopo l’emergenza?

Userò le mie domeniche di chiusura per andare a pranzo fuori e, da cliente, dare un contributo per far girare l’economia. L’economia non è un’idea astratta ma un insieme di piccoli gesti, i nostri: con un caffè o un pieno per la gita della domenica o un pranzo pagato a chi non ce la fa, ognuno rimetterà un po’ di benzina per far ripartire il motore dell’economia. Uniti nell’emergenza: sapremo esserlo anche nella ripartenza.

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