Poetry slam: la poesia performativa dove decide il pubblico

Un misto tra teatro, stand up comedy e rap dove i partecipanti competono improvvisando.

Se fosse una ricetta, sarebbe una sorta di macedonia lirica: un’ampia dose di poesia, un tocco di teatro, un pizzico di stand up comedy (letteralmente, recitazione in piedi davanti al pubblico) e rap quanto basta. È la Poetry Slam, la competizione di poesia performativa (cioè recitata) che, dopo aver conquistato gli Stati Uniti – dove è nata a metà degli anni ‘80 -, trova visibilità anche nel nostro Paese.

Sono i ragazzi dell’associazione toscana Ripescati dalla Piena, Gabriele Bonafoni, Matteo Mazzoni, Marco Dell’Omo e Max Di Mario, a parlarne: «La Poetry Slam sta finalmente uscendo dalla sua bolla, anche e soprattutto grazie all’apporto della tv: si sono visti poeti performativi partecipare con buon successo a Italia’s Got Talent, mentre Sky ha addirittura proposto un proprio format dedicato a queste competizioni, chiamato Slam, che verosimilmente verrà recuperato per una nuova stagione».

Decide il pubblico

Non rapper, ma poeti performativi: così vengono chiamati i partecipanti a queste gare di lirismo, che hanno inevitabilmente tanti punti di contatto con l’arte della musica in rima, senza per questo esserne una copia. Le similitudini derivano dall’utilizzo della scrittura che impone regole come metrica, rima e forma, ma le gare si svolgono in maniera completamente diversa e non sempre provenire dal rap può essere un vantaggio.

A differenza delle battaglie in rima rese popolari nel nostro Paese da film come 8Mile del musicista Eminem, nelle gare di Poetry Slam ognuno gareggia da solo. Non ci sono avversari diretti: i partecipanti vengono divisi in gruppi di sei, e ogni poeta è chiamato a recitare il proprio pezzo, in un misto di preparazione e improvvisazione, con lo stesso testo che può essere presentato più volte ma in forma diverse. Da ogni gruppo emergerà il migliore, che andrà a scontrarsi con gli altri nella finale, dove il pubblico stabilirà il vincitore.

Già, il pubblico: giudice unico e ultimo di questo tipo di gare, dove non esistono giurie o giurati.

Campionati nazionali in Toscana

«Provenire dal rap aiuta sicuramente in termini di scrittura – proseguono i ragazzi dell’associazione -, ma non è detto che un pubblico generalista possa apprezzare un testo evidentemente rap. Quello che realmente conta è entrare in sintonia con le persone». Questo rende il poeta performativo una creatura di difficile classificazione: ci sono i rapper, certo, ma anche gli attori di teatro, i poeti puri, i comici che provengono dalla stand up comedy o dal cabaret oltre agli improvvisati totali, dalla casalinga all’ingegnere informatico. Uomini e donne, giovani e adulti, una pratica assolutamente trasversale.

Le gare sono organizzate e gestite dalla Lips, la Lega Italiana Poetry Slam, secondo un regolamento unico e condiviso per tutte le regioni d’Italia, ma questo non impedisce che si possano organizzare anche delle gare fuori classifica, con regolamenti ancora più folli e divertenti, come l’antislam, la gara dove vince la poesia peggiore. «Una volta non avevamo abbastanza partecipanti, così invitammo anche passanti presi a caso. Fu proprio uno di questi a vincere, se ne andò tutto tronfio, orgoglioso della propria vittoria. Non aveva capito che il premio andava al peggiore ed è stato bello così» raccontano ancora, non senza una risata trattenuta a stento, i Ripescati dalla Piena.

È proprio l’organizzazione toscana a occuparsi dei campionati regionali e di quelli nazionali che debutteranno in Toscana dal 22 al 24 settembre prossimi, con il sostegno di Unicoop Firenze.

Curiosità

Tanti vip amano cimentarsi con le battaglie di poesia: l’attore Filippo Timi, lo scrittore Guido Catalano, il poeta Gio Evan e moltissimi rapper, come Dutch Nazari o Dargen D’Amico, protagonista all’ultimo Festival di Sanremo.

Info

ripescatidallapiena@gmail.com

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