Il Fuoco di Sant’Antonio

Alla scoperta dei due vaccini contro il Fuoco di Sant'Antonio: intervista ad Alberto Farese, specialista in Malattie Infettive dell’Aou Careggi

L’Herpes zoster, il cui nome deriva da due parole del greco antico che significano “cintura” e “serpente”, provoca sfoghi cutanei e un senso di bruciore spesso molto doloroso. È più conosciuto con il termine popolare di Fuoco di Sant’Antonio. Si narra infatti che il santo, eremita nel deserto, ingaggiasse battaglie contro il demonio che si manifestava sotto forma di serpente, riportando dolorose ustioni. Recentemente in tv e in radio passano spot pubblicitari che invitano alla vaccinazione. Alberto Farese, specialista in Malattie Infettive dell’Aou Careggi, spiega perché può essere utile.

Di che si tratta?
È un’infezione dovuta al virus della varicella, malattia esantematica molto comune nell’infanzia prima che fosse disponibile il vaccino. Dopo la guarigione il virus rimane latente per tutta la vita a livello dei gangli nervosi e, in alcune condizioni, quali l’età avanzata o un deficit del sistema immunitario, può riattivarsi e ricominciare a replicarsi, provocando il cosiddetto Fuoco di Sant’Antonio.

Qual è l’incidenza?
Due terzi dei casi colpiscono soggetti oltre i 50 anni. Si stima che il 25-30% degli over 50 svilupperà l’Herpes zoster. È facile intuire come l’aumento dell’aspettativa di vita e la sempre maggiore percentuale di popolazione anziana determineranno un aumento dei casi della malattia.

Quali sono i sintomi?
Il primo solitamente è il bruciore o il prurito, localizzato in una zona ben precisa, quella dove si trova il nervo sede del “risveglio” del virus, solitamente un fianco, il torace o il volto. Dopo pochi giorni, nella stessa zona compare un arrossamento con vescicole contenenti liquido, simili a quelle della varicella. Le vescicole evolvono in croste e solitamente guariscono senza lasciare cicatrici. Il dolore può variare da lieve a intenso. In alcuni casi, stimati intorno al 20%, il dolore può protrarsi per lungo tempo a causa della cosiddetta nevralgia post-erpetica, che può influenzare negativamente la qualità della vita.

Ci sono terapie?
Si possono utilizzare farmaci antivirali, quali il valaciclovir, il famciclovir o l’aciclovir, per ridurre la durata e la gravità degli episodi. L’effetto è tanto maggiore quanto più precocemente si inizia. La terapia antivirale aiuta a prevenire l’insorgenza della nevralgia post-erpetica.

Come funziona il vaccino per gli adulti?
Sono a disposizione due vaccini, uno a virus vivo attenuato, in commercio in Europa dal 2006 (Zostavax), e uno ricombinante (cioè non contenente virus, ma solo una sua glicoproteina), approvato in Europa nel 2018 (Shingrix).

Quest’ultimo è indicato in persone di età pari o superiore a 50 anni e nei soggetti fragili a partire dai 18 anni. La sua efficacia nel prevenire l’Herpes zoster è maggiore del 90% in soggetti con più di 50 anni e fra il 70 e il 90% in soggetti fragili con almeno 18 anni d’età. La persistenza della protezione è intorno al 90% a 4 anni dalla vaccinazione.

Si somministra in due dosi, con un intervallo di 2-6 mesi. Zostavax, invece, è indicato solo sopra i 50 anni. L’efficacia è compresa fra il 38% e il 70%, ed è maggiore nei soggetti fra i 50 e i 59 anni. La persistenza della protezione si aggira intorno al 50% a 5 anni dalla vaccinazione e si somministra in un’unica dose.

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