Nel variegato e multiforme mondo vegetale esistono piante che, per sopravvivere alle avverse condizioni dei terreni che le ospitano, hanno bisogno di integrare il loro nutrimento catturando insetti, piccoli roditori, ranocchi o crostacei. Il gruppo delle carnivore è composto da circa seicento piante, sparse ovunque sul pianeta e suddivise in dodici generi e cinque famiglie botaniche.
Le carnivore riescono a vivere in luoghi davvero inospitali: torbiere, paludi, rocce affioranti, zone pre-desertiche. In questi terreni i nutrienti sono scarsi ed esse per procurarsi azoto, fosforo, potassio o calcio hanno sviluppato ingegnosi sistemi al fine di catturare chi può fornirgli tali preziosi elementi. Questi sistemi sono definiti trappole e ne esistono di diverse tipologie, tutte piuttosto ingegnose e soprattutto efficaci.
Attiva o passiva?
Le trappole possono essere attive o passive: questa è la prima differenza da conoscere. La famosa Dionea muscipola – chiamata anche “mangia mosche” – possiede, ad esempio, una trappola attiva che funziona a scatto. È capace infatti, tramite un rapido movimento delle sue foglie carnose, di un bel tono verde e contornate da piccoli aculei, di intrappolare le sue prede: insetti volanti, o che vivono sul suolo. La Dionea riesce così a procurarsi il nutrimento necessario alla sua sopravvivenza.
Anche l’Aldovandra possiede trappole a scatto, che funzionano in modo simile; questa pianta però dimora in acqua: vive completamente sommersa e si ciba di microorganismi acquatici; si trova allo stato spontaneo in ambienti tropicali, sub-tropicali e in zone temperate. Potremmo coltivare a casa queste specie a patto di riprodurre il loro habitat naturale – cioè un paludario – il che richiede tempo e pazienza.
La Drosera è piuttosto nota e diffusa ovunque; anche in Italia abbiamo specie endemiche che, come le sorelle esotiche, possiedono trappole attive a colla. I tentacoli delle lunghe foglie lineari della Drosera sono dotati alle loro estremità di una sostanza collosa a cui le prede restano invischiate. Un lieve movimento delle foglie permette alla pianta di avvolgere l’insetto e iniziare così il processo digestivo.
Le trappole ad ascidio, invece, si definiscono passive: sono simili a piccole caraffe composte da foglie arrotolate su sé stesse. Queste cavità contengono enzimi o batteri digestivi e possono imprigionare insetti più grandi rispetto alle trappole adesive. Questo genere di trappola appartiene a piante come le Nepenthes, fra queste la Raja è la carnivora più grande finora conosciuta.
L’africana Gensilea, invece, possiede una trappola a nassa, probabile evoluzione dell’ascidio. Questa è rivestita di peli che dirigono con forza le prede verso l’interno dell’apparato digestivo della pianta.
Coltivarle in casa è difficile
Coltivare piante carnivore non è semplice. Volendo cimentarsi, dobbiamo seguire queste regole per avere successo nell’impresa: il terriccio deve essere povero di nutrimento; evitare la torba (si può usare la fibra di cocco, il coir, che fra l’altro ha un aspetto gradevole); anche la sabbia di quarzo può essere una soluzione; l’acqua per irrigare deve essere necessariamente priva di calcare: quindi useremo acqua piovana o al limite distillata, da fornire tramite sottovaso. Poi non dategli concime: non ne hanno bisogno! Prediligono posizioni soleggiate che favoriscono la produzione di pigmenti particolari, rendendo i nostri esemplari più belli.
Curiosità
- La Pinguicola, coltivata per i suoi graziosi fiori rosa, blu o bianchi, è tra le carnivore più decorative
- La Drosophillum vive in Portogallo ed è una specie rarissima di carnivora con trappole adesive
- La Dionea è capace di compiere un lieve movimento per catturare gli insetti: rara abilità per una pianta
