La biodiversità delle foreste tropicali è in pericolo. Ricordiamo che in quel 7% di superficie terrestre si concentra più della metà degli animali selvatici dell’intero pianeta. L’impatto delle attività umane, come la deforestazione e la frammentazione degli habitat, minaccia numerose specie di mammiferi selvatici. Francesco Rovero, docente di Ecologia, e Ilaria Greco, assegnista del Dipartimento di Biologia dell’Università di Firenze, hanno coordinato una ricerca internazionale per comprendere meglio le cause della perdita di biodiversità e proporre soluzioni concrete.
«Qualche numero spiega la portata di questo studio – racconta l’ecologa -. Abbiamo coinvolto 43 scienziati, provenienti da 51 enti di ricerca in tutto il mondo, analizzato più di 550mila immagini raccolte attraverso oltre 2000 fototrappole posizionate in 37 foreste tropicali di 3 diverse regioni geografiche: neotropici, afrotropici e sud-est asiatico. Questi dati ci hanno permesso di valutare la presenza di 239 specie diverse e la loro distribuzione in relazione all’impatto antropico sulle aree monitorate».
Leopardi e gorilla in pericolo
È stato confermato che la densità umana è il principale fattore che influenza la varietà e la quantità di specie di mammiferi a livello globale. «L’equazione è semplice, più alta è la densità della popolazione umana, minore è il numero di animali presenti. Questo significa che, sebbene molte di queste foreste siano protette, l’attività antropica nei dintorni, fino a un raggio di 50 km, continua ad avere conseguenze significative sull’ambiente. Anche la deforestazione e la frammentazione degli habitat hanno un impatto negativo».
Da questo studio è risultato che gli animali di grandi dimensioni sono quelli più a rischio: il leopardo e il gorilla, ad esempio, sono tra le specie più minacciate. Il problema dovrebbe essere affrontato con un approccio “One Health”, cioè partendo dal presupposto che la salute degli esseri umani, degli animali e degli ecosistemi è strettamente interconnessa.
«È vero, non basta solo proteggere le foreste – sottolinea Ilaria Greco -: dobbiamo considerare il pianeta come un unico sistema vivente e lavorare con le comunità locali per fornire alternative sostenibili. Molti abitanti delle regioni tropicali vivono in condizioni di estrema povertà e dipendono dalle risorse forestali per la loro sopravvivenza. Non serve criticare comportamenti sbagliati che si tramandano da generazioni, bisogna proporre soluzioni valide, come fonti di energia rinnovabile per ridurre la dipendenza dalla legna da ardere e dal carbone.
Avviare un dialogo con chi abita quelle terre è importante. Potrebbe essere una strategia efficace, per esempio, sensibilizzare i bracconieri e assumerli come guardie forestali. Oltre a ripristinare l’habitat, dove possibile, si potrebbero creare anche corridoi ecologici per facilitare il movimento della fauna».
Scelte necessarie
Entro il 2050 metà della popolazione mondiale risiederà nelle regioni tropicali e il 90% delle persone in estrema povertà continuerà a dipendere dalle risorse forestali. Per questo motivo è cruciale sviluppare una pianificazione sostenibile che armonizzi la conservazione delle aree protette con lo sviluppo socio-economico locale.
La ricerca condotta da Ilaria Greco e dal gruppo internazionale ha seguito un protocollo standardizzato mai applicato prima e raccolto un’importante quantità di dati. Le testimonianze fotografiche raccolte sono molto importanti per il censimento della popolazione selvatica. Queste informazioni forniscono una base scientifica per comprendere meglio le dinamiche della biodiversità tropicale e offrono indicazioni pratiche per proteggerla. Il futuro della fauna selvatica dipende dalle nostre scelte di oggi: è necessario agire subito per garantire un equilibrio tra sviluppo umano e conservazione della natura.