L’intelligenza artificiale (Ia) bussa alla porta e, stando ai numeri, sta diventando velocemente un motore di innovazione sia sul lavoro sia nella vita di tutti i giorni. Come emerge anche dal Rapporto Coop 2023, pubblicato lo scorso settembre, in appena due anni il valore economico dell’Ia nel mercato globale è passato da 95 a 207 miliardi di euro ma, d’altro canto, in un prossimo futuro un lavoratore su quattro potrebbe perdere il proprio lavoro.
Fra scettici ed entusiasti, il mondo fa i conti con il futuro: a raccontarci come sarà, Alessandra Sciutti, fra le più brillanti e giovani scienziate nell’ambito della robotica, a capo dell’unità Contact dell’Istituto Italiano Tecnologia (Iit), che è stata anche ospite dell’“Internet Festival” a Pisa dal 5 all’8 ottobre scorso, con un intervento sul rapporto fra uomo e tecnologia.
Ia e robotica sono per lei pane quotidiano. Di cosa si occupa nel suo laboratorio?
Con la mia squadra ci occupiamo di robotica cognitiva, studiamo cioè i meccanismi sensoriali, motori e cognitivi che consentono la comprensione fra gli esseri umani e che è alla base dell’interazione. Lo scopo ultimo è progettare robot in grado di collaborare in modo naturale con le persone nella loro quotidianità.
Cosa potrà fare un robot del futuro?
I robot di oggi hanno importanti competenze motorie e logiche: sanno fare salti mortali, giochi di strategia, compiti di grande precisione, ma non hanno ancora nulla di quella “sensibilità” umana che ci permette di capire, da un’occhiata o un gesto, come stanno gli altri, quali siano le loro intenzioni e, quindi, di adattarci all’altro.
Nella sua squadra c’è anche un robot, iCub, con le sembianze di un bambino…
È nato da un grande progetto europeo, concluso circa 15 anni fa, in cui ricercatori di tutti i campi, per cinque anni, hanno studiato come un bambino riesce a imparare: iCub ha occhi e mani ed è progettato per interagire come un bambino di 2-3 anni. Noi ne abbiamo due, ma nei laboratori di tutto il mondo ci sono 50 iCub.
Progettate robot ma studiate prima di tutto gli umani…
Con la neuroingegneria studiamo le capacità umane per tradurle in un robot capace di comprendere e anticipare le nostre necessità. In questo senso i bambini sono di grande ispirazione: attraverso di loro, possiamo comprendere come l’uomo costruisce la sua capacità di apprendere, di comprendere gli altri e l’ambiente e di costruire relazioni collaborative.
Fra i bambini “allo studio”, c’è anche sua figlia?
Beh, essere mamma è ben più complicato dell’ingegneria! Con i suoi sette anni, mi fa capire quanto è complesso il mondo delle relazioni, ma anche quanto lavoro c’è ancora da fare perché bambine e ragazze si avvicinino al mondo della scienza.
Quali i campi di applicazione dell’Ia più promettenti?
Tantissimi, ma più di tutti sicuramente la medicina, sia per la prevenzione sia per la personalizzazione delle cure, l’informatica e la linguistica, con sistemi che permetteranno un giorno la comunicazione fra tutte le lingue del mondo.