Fabiana Iacozzilli, regista-drammaturga, porta avanti un lavoro di ricerca improntato sulla drammaturgia scenica e sulle potenzialità espressive della figura del performer. Collabora dal 2013 con il Teatro Vascello di Roma e dal 2017 con Cranpi e Carrozzerie | n.o.t.
Nel 2008 fonda Lafabbrica, compagnia della quale è direttrice artistica dal 2008 al 2018. Nel 2011 viene selezionata per partecipare al DIRECTOR LAB, progetto internazionale organizzato dal LINCOLN CENTER (Metropolitan di New York). Dallo stesso anno diventa membro del LINCOLN CENTER DIRECTORS LAB.
Tra i suoi spettacoli: Aspettando Nil con il quale vince l’Undergroundzero Festival di New York; La trilogia dell’attesa, vincitrice del Play Festival (Atir e Piccolo Teatro di Milano-Teatro d’Europa); Quando saremo grandi!, finalista Premio Scenario 2009; Da soli non si è cattivi. Tre atti unici dai racconti di Tiziana Tomasulo; La classe; Una cosa enorme.
Attualmente è una dei tre registi coinvolti nel progetto Incroci, nato dal dialogo tra tre realtà nazionali che coinvolgono migranti: Teatro Magro-Mantova, Asinitas-Roma e Babel Crew/Progetto Amunì-Palermo.
A che punto della vostra carriera è arrivato il premio In-Box?
In-Box è arrivato al momento giusto. Avevamo da poco debuttato con lo spettacolo La classe all’interno di Anni Luce 2018, la rassegna del Romaeuropa Festival curata da Maura Teofili, vinto il bando di residenze artistiche Cura e c’era già una buona attenzione rispetto al nostro lavoro. Siamo convinti che In-Box abbia consacrato il successo dello spettacolo e abbia contribuito all’affermazione del mio percorso artistico consolidando il fortunato legame produttivo con la Compagnia Cranpi.
Cosa è cambiato da un punto di vista professionale dopo questa esperienza?
La possibilità che i vincitori di In-Box hanno di circuitare su quasi tutto il territorio nazionale ha permesso che il nostro spettacolo fosse visto da una platea più grande rispetto alle possibilità precedenti; questo ha fatto sì che sia io che Cranpi fossimo riconosciuti e stimati dagli operatori teatrali, dalla critica e dal pubblico.
Come sta proseguendo il vostro lavoro in questo momento particolare?
Il lavoro ha subito una battuta d’arresto. La pandemia e la conseguente chiusura dei teatri nel marzo 2020 ci ha sorpreso in Sardegna, proprio nel momento in cui stava iniziando per noi il periodo in cui erano programmate gran parte delle date vinte con il Premio In-Box. È stato un duro colpo. Da quel giorno La Classe e le sue piccole creature sono state ferme. Nonostante questo, siamo stati felici il 4 maggio 2021 di riaprire la stagione del Teatro India di Roma proprio con questo spettacolo e stiamo lavorando per il recupero delle date perse.
Per quanto riguarda gli altri progetti, ci riteniamo fortunati perché in un momento così difficile, in cui molti lavoratori dello spettacolo erano fermi, siamo riusciti a produrre il nuovo spettacolo Una cosa enorme che ha debuttato alla Biennale Teatro di Venezia nel settembre 2020 e sarà all’interno della programmazione del Romaeuropa Festival 2021.
Su quale progetto state lavorando?
In questo momento stiamo lavorando alla ripresa di Una cosa enorme che dovrebbe riavviare il suo cammino in autunno. Io sto inoltre lavorando ad Abitare il ritorno, progetto di teatro comunitario ideato da Asinitas (centri interculturali con i migranti) inserito in INCROCI (progetto di interscambio tra realtà che usano il teatro come strumento di interazione culturale) e nel progetto europeo LITERACY ACT.
Il gruppo con cui lavoro ad Asinitas è composto da dieci uomini e donne stranieri e sei italiani che non hanno mai avuto particolari esperienze teatrali: per me questa è un’occasione di profonda messa in discussione tanto dal punto di vista della creazione quanto nelle modalità di relazione coi ragazzi e le ragazze che partecipano al laboratorio.
Questa esperienza mi sta facendo sentire parte di una comunità più ampia e non solo parte della comunità teatrale e sono davvero grata di aver avuto questa opportunità.
Da spettatrice, qual è il tuo spettacolo preferito?
Il mio spettacolo preferito è quello in cui succede qualcosa, dico questo perché ritengo sia molto molto molto difficile far succedere qualcosa in scena.
(A cura di Francesca Valeri)