Controcanto Collettivo nasce nel 2010 per volontà e urgenza di una regista, Clara Sancricca, e di un gruppo di giovani attori, Federico Cianciaruso, Riccardo Finocchio, Martina Giovanetti, Andrea Mammarella, Emanuele Pilonero e Clara Sancricca; la compagnia è inoltre seguita dallo sguardo attento di Gianni Parrella – come organizzatore – e Giorgio Stefanori – come tecnico e attore.
La loro prima produzione NO – un lavoro ironico e dissacrante incentrato sul concetto di divieto, vince il premio della critica al Roma Fringe Festival nel 2014. Dopo il successo di Sempre Domenica, l’ultima produzione del collettivo, Settanta volte sette, ha esordito nel 2019 all’interno della sesta edizione del festival dei Teatri del Sacro come uno dei sei spettacoli vincitori e, a novembre dello stesso anno, Controcanto è stato insignito del Premio della Critica.
La compagnia attualmente è al lavoro sulla nuova produzione Salto di specie, un’indagine sul paradosso in cui vive la relazione tra uomo e animale nella nostra porzione di mondo.
A che punto della vostra carriera è arrivato il premio In-Box?
Il nostro collettivo esiste da molto, forse ancora da prima della data ufficiale del 2011 che abbiamo scelto per individuare la possibile nascita di Controcanto. La nostra storia di affetto e lavoro condiviso è stata lunga e per lungo tempo riposta e quasi privata, non perché non desiderassimo una visibilità, ma perché, nell’incapacità di dedicarci alla comunicazione esterna dei nostri esiti artistici, abbiamo accolto la possibilità di fare teatro anche solo per il nostro amore, gusto e bisogno e per la cerchia ormai nota dei nostri spettatori.
Le poche escursioni dei nostri lavori al di fuori di questa dimensione intima le abbiamo sempre vissute come esperienze preziose e vitali, nonché come incoraggiamenti, senza però riuscire a leggerle come possibili tappe di un percorso verso l’emersione e il riconoscimento esterno. In quest’ottica, anche la partecipazione di “Sempre domenica” al bando di In-Box è stato un gesto facile e innocuo, ma dal quale nessuno di noi si aspettava un vero seguito. In quest’ottica, tutta la nostra esperienza ad In-Box, dalle prime selezioni fino alla replica a Siena, resta per noi indimenticabile e torna spesso nei nostri discorsi come un picco di gioia e di meraviglia.
Come se un riflettore curioso, affettuoso, attento e rispettoso si fosse puntato su di noi, senza chiederci altro sforzo che quello di essere – e possibilmente di restare – quel che siamo. È per questa ragione che la nostra vicenda di In-Box ha avuto – come amiamo dirci – un che di fiabesco, per la forza e la facilità con cui si è avverato l’inverosimile.
Cosa è cambiato da un punto di vista professionale dopo questa esperienza?
Come diciamo spesso, nella storia di Controcanto è esistito un prima e un dopo In-Box. Innanzitutto, il volume di repliche ottenute in modo diretto o indiretto grazie al premio ha impattato sulla conformazione della nostra compagnia e delle nostre singole vite, portandoci a decisioni immediate e in certo senso radicali, quali affidare la distribuzione dei nostri lavori ad un organizzatore, cercare una produzione, accordare al teatro una priorità esistenziale fino ad allora non necessaria.
Inoltre, se il nostro fare teatro insieme ha mantenuto la stessa cura e la stessa necessità di sempre, le modalità di creazione e condivisione del nostro lavoro sono molto cambiate. In generale, la possibilità di costruire i nostri spettacoli in residenza – dimensione nella quale ci riconosciamo molto, per la sovrapposizione e la confusione di aspetti artistici e conviviali – e la possibilità di farli conoscere e girare sono possibilità legate alla visibilità e alla circuitazione che il premioIn-Box ci ha offerto.
Come sta proseguendo il vostro lavoro in questo particolare momento ?
La chiusura dei teatri ha naturalmente colpito la nostra compagnia al pari delle altre, con una piccola beffa supplementare dovuta al fatto che il grosso delle nostre repliche della scorsa stagione era stata volutamente concentrata nei mesi di marzo e aprile. Però, avendo uno spettacolo in cantiere, abbiamo potuto approfittare di questa sospensione per stare nella lentezza del nostro processo creativo.
Su quale progetto state lavorando?
Al momento siamo al lavoro ad uno spettacolo che si intitolerà Salto di specie. Si tratta di un’indagine sul paradosso in cui vive la relazione tra uomo e animale nella nostra porzione di mondo, dove al rapporto stretto e quasi filiale che spesso instauriamo con alcune specie fa da contrappunto lo sfruttamento indiscriminato e indifferente che riserviamo ad altre, senza che la nostra empatia riesca a trovare il modo di fluire naturalmente dall’una all’altra.
Da spettatori, qual è il vostro spettacolo preferito?
Pur avendo nei confronti del nostro teatro uno sguardo estremamente affine e accordato, le nostre esperienze di spettatori – così come le nostre esperienze biografiche – non sono necessariamente condivise e unanimi, perciò ognuno di noi avrebbe per questa domanda una risposta diversa.
Provando però a confrontarci su spettacoli visti insieme – o almeno da una buona parte di noi – sono usciti alcuni nomi: Slava’s Snowshow di Slava Polunin, MDLSX dei Motus, Cassandra di Elisabetta Pozzi, Romanzo d’infanzia di Abbondanza Bertoni, Medea per strada del Teatro dei Borgia, 7-14-21-28 di Antonio Rezza, Sulla Felicità di Sosta Palmizi.
(a cura di Murmuris)