Due personaggi, opposti in tutto eppure, in fondo simili: un giovane studente alle soglie delle grandi scelte di vita e un prete anziano e malfermo che vive chiuso in un ospizio in cima alle Apuane. I due s’incontrano nel libro di Fabio Genovesi e lì scatta la storia, la vita, la passione e la rinascita. “Cadrò sognando di volare” è il titolo dell’ultimo romanzo dello scrittore toscano che ce lo racconta così, fra curiosità, riflessioni e nuovi progetti all’orizzonte.
Il suo ultimo romanzo raccontato in 20 secondi?
È la storia di un ragazzo di 24 anni che cerca di liberarsi dalle scelte in cui si è ingabbiato e, invece, riceve la cartolina militare e si fa un anno in cima al monte in uno ospizio per preti. Quindi, chiuso lì dentro, finisce a guardare il Giro d’Italia: è il 1998, l’anno in cui Marco Pantani ci regala un giro d’Italia incredibile di ciclismo, di coraggio, di voglia di sfidare l’impossibile. La sua è una passione che risveglia quelle dei protagonisti… Così in un ospizio isolato può succedere qualcosa che è più importante di quello che succede nelle grandi capitali mondiali.
Bici e ciclismo al centro del romanzo: perché questa scelta?
Perché è una grande passione. In questo romanzo ho voluto raccontare le passioni, la cosa più rivoluzionaria che c’è, perché se ne incontri una, ti cambia la vita.
La vita è cadere e poi volare, perdere per poi vincere: cosa?
Vincere il rischio di essere felici che non è una sicurezza però bisogna rischiare di esserlo. Forse la felicità è proprio quello: correre il rischio di…
Il suo ricordo di una sconfitta bruciante?
L’unico concorso di scrittura a cui ho partecipato, da ragazzo, in terza media e hanno letto i risultati fino all’ultimo classificato. E io ero il penultimo.
L’ultima volta che si è emozionato e ha sentito di “volare”?
Cinque minuti fa, perché una tortora che era caduta qua in giardino con un’ala un po’ rotta, piano piano si è rimessa in sesto e l’ho rivista che volava. E sono felice per lei e per me.
Tenacia o istinto: quale l’ingrediente per vincere la gara?
Istinto. La tenacia da sola non serve a nulla. Neanche l’istinto da solo però è la traccia da seguire, la pista che apre il varco. Quindi, tra i due, sicuramente l’istinto.
Come in una gara in bici, vede la vita più come una salita o una discesa?
La vita è una strada. Ci sono persone abituate a vederla per forza in salita, altre che la vedono in discesa. Spesso diventa una salita quando vuoi che lo sia. Comincia ad essere una discesa quando non hai voglia di essere triste, ecco.
Per vincere: cooperazione o competizione?
Nessuna delle due perché per me non si vince mai contro gli altri. Ognuno deve giocare la partita cercando di stare bene: se poi è migliore o peggiore di un altro, poco importa.
La sfida di essere giovani: quale la regola numero uno per affrontare la vita?
Regola numero uno: non avere regole così rigide da impedire il cambiamento. La regola numero due, poi, è non ascoltare quello che impongono i più grandi. Guardate cosa abbiamo combinato… non ci meritiamo di essere ascoltati. I ragazzi, devono fare qualcosa di diverso, di migliore se possono.
Se la vita fosse uno sport: sarebbe una gara ciclistica, una partita a scacchi o un incontro di pugilato?
Forse sarebbe il rugby: è uno sport che ha tante regole ma non le capisci mai tanto bene… forse sarebbe una partita di rugby vista da un italiano che non sa esattamente le regole di questo sport.
Il suo libro preferito
Tanti ma dovendo sceglierne uno, anzi due, direi Huckleberry Finn e Tom Sawyer di Mark Twain. Libri che restano per tutta la vita.
L’ultimo libro che ha letto
“Uomo diventa lupo”, un libro di uno studioso di inizio ‘900 che mostra come l’uomo è diventato carnivoro e aggressivo per un errore dell’umanità. Quel qualcosa lo ha fatto deragliare dalla sua traiettoria originaria.