Vittorio Foa è stato un politico, sindacalista, giornalista, storico e saggista italiano. Considerato uno dei padri fondatori della Repubblica italiana è nato a Torino il 18 settembre 1910, da una famiglia piemontese di origine ebraica.
Antifascista, nel 1935 venne arrestato a Torino e condannato a 15 anni di reclusione. Le sue condizioni di reclusione furono durissime, con pesanti conseguenze sulla sua salute. Dopo essere uscito dal carcere prese parte alla Resistenza coi “fazzoletti verdi”. All’Assemblea costituente, il 2 giugno 1946, fu eletto deputato del Partito d’Azione. È morto il 20 ottobre 2008 a Formia.
Di seguito una sua riflessione sul tema della Memoria e del Ricordo dalla videointervista “Una città” di Gianni Saporetti e Massimo Tesei (post produzione Lara Rongoni Macine Film) rilasciata nel 2003 per conto della Biblioteca Gino Bianco – Fondazione Alfred Lewin di Forlì.
Si ringrazia per la gentile concessione la presidente della Fondazione Lewin Rosanna Ambrogetti.
L’intervista integrale a questo link https://youtu.be/NgSzt07sDZQ
Il 27 gennaio si ricorda in tutta Europa la Shoah. Come evitare il rischio della retorica delle celebrazioni?
Ho avuto qualche dubbio all’inizio non tanto per il rischio della retorica, ma perché ricordare a data fissa qualcosa mi sembrava una sorta di compito scolastico, che andasse oltre a quello che invece è il valore del ricordo, ovvero la riflessione sul fatto. Adesso penso che sia un’occasione, ma bisogna pensare al modo in cui avvicinarsi a questa memoria.
Il passare del tempo attenua fortemente il vigore dell’immagine e sopravviene l’oblio. Non c’è nulla di male ad attenuare la drammaticità di una memoria, la cosa che mi preoccupa è che sorga l’occasione della negazione, che si “buttino via” i fatti o si arrivi alla loro banalizzazione.
Il silenzio colpevole degli italiani
In Italia c’è stata una campagna razziale e non è stata una cosa da poco: sono stati cacciati dalle scuole i bambini, gli insegnanti… e gli italiani come hanno reagito? Con un silenzio colpevole, come se la colpa fosse sempre degli altri. Ecco la memoria richiede il riconoscimento, se non c’è o è manchevole, non funziona. La riconciliazione parte dal riconoscimento del fatto, altrimenti non si può andare avanti.
C’è una lettera di mia madre a mia sorella emigrata in America dove tra le tante cose ad un certo punto le scrisse “Il giovane Primo è tornato”. Mia figlia quando in seguito ha letto quella lettera mi disse “Ma allora non avevate capito”. Non è che non avevamo capito… Certo ancora non avevamo capito tutto…ma credo che allora l’immagine della guerra avesse prevalso su tutto e questo è stato anche uno degli elementi che ha portato al ritardo della comprensione della tragedia della Shoah.