( a cura di Daniele Dominici e Giuseppe Pelosi)
A soli 37 anni ricevette il premio Nobel per la Fisica – si era laureato a 21 anni -, ma Enrico Fermi può essere considerato l’antesignano dei nostri cervelli in fuga: infatti dopo la cerimonia per la consegna del Nobel a Stoccolma, non tornò a Roma, sua città natale, dove insegnava all’Istituto di Fisica di via Panisperna, ma fece rotta verso gli Stati Uniti per poi stabilirsi definitivamente a Chicago. A spingerlo verso questa decisione non furono le precarie condizioni economiche o i mancati riconoscimenti professionali che allontanano i giovani ricercatori oggi, ma le leggi razziali fasciste che furono applicate in Italia nel 1938. Sua moglie era ebrea e Fermi temeva per l’incolumità sua e dei figli.
Della vita del grande fisico italiano si conoscono tanti episodi; non è molto noto, invece, che dopo la laurea, conseguita nel 1922 alla Scuola Normale Superiore di Pisa, nel 1924 fu docente all’Università di Firenze, su iniziativa di Antonio Garbasso, all’epoca direttore dell’Istituto di Fisica di Arcetri e anche sindaco della città.
Fermi rimase a Firenze solo due anni accademici, ma in quel periodo scrisse un lavoro fondamentale sul comportamento statistico delle particelle che soddisfano il principio di Pauli, quali, per esempio, gli elettroni. Questo lavoro, che portò lo scienziato italiano a una notorietà di livello mondiale, oltre a spiegare alcuni fenomeni fisici fondamentali, ha avuto numerose applicazioni che hanno rivoluzionato la nostra vita quotidiana con l’elettronica moderna, a partire dal transistor.
Tra trattati di fisica e… gechi
Nei due anni fiorentini Fermi abitò ad Arcetri dove ritrovò il compagno di studi universitari Franco Rasetti, che divenne un suo stretto collaboratore. Ricorda Rasetti in un’intervista: «Eravamo praticamente insieme dalla mattina alla sera, dal discutere di fisica al catturare gechi, che raccoglievamo per impaurire la moglie del portiere, che ci preparava il pranzo».
I soggiorni in Toscana continuarono anche dopo il trasferimento di Fermi a Roma. La moglie, Laura Capon, nata in una famiglia ebraica di provenienza veneziana, era nipote dei coniugi Zabban, proprietari di Villa Il Frassine, un complesso rurale nei dintorni di Rignano sull’Arno. I coniugi Fermi vi trascorsero numerosi soggiorni estivi, come ricorda Laura Capon nel suo libro Atomi in famiglia (Mondadori, 1954). Nella villa soggiornarono, nella prima metà del Novecento, anche altri esponenti della comunità ebraica italiana: i coniugi Zabban furono infatti figure di riferimento anche per la famiglia Rosselli.
Le storie di queste famiglie negli anni successivi seguirono percorsi diversi. Carlo e Nello Rosselli, importanti figure dell’antifascismo socialista, fuggirono in Francia dove, nel 1937, furono assassinati, su mandato del governo di Mussolini, da un’organizzazione fascista francese. Il padre di Laura, Augusto Capon, ammiraglio della Marina militare italiana, fu arrestato nell’operazione di rastrellamento del ghetto di Roma nel 1943, deportato ad Auschwitz e, all’arrivo, avviato alle camere a gas.
Tutte queste figure sono oggi patrimonio della cultura italiana. In particolare, quelle dei fratelli Rosselli, come esempi di antifascismo militante, e quella di Enrico Fermi, come uno dei padri della fisica del XX secolo.
Fermi a Firenze
Il periodo fiorentino del grande fisico italiano è raccontato nel libro Enrico Fermi a Firenze. Le «Lezioni di Meccanica Razionale» al biennio propedeutico agli studi di Ingegneria: 1924-1926, di Roberto Casalbuoni,Daniele Dominici, Giuseppe Pelosi, autori dell’articolo e docenti dell’Università di Firenze, ed. Firenze University Press, 2019.
Nella foto Franco Rasetti, Rita Brunetti, Nello Carrara ed Enrico Fermi davanti al pozzo dell’Istituto di Fisica di Arcetri. A Nello Carrara si deve l’introduzione del termine “microonde” nella letteratura tecnico-scientifica.