La buona notizia è che il biossido di azoto, inquinante atmosferico tra i più pericolosi, è sotto i valori limite fissati dalla legge, in tutta la Toscana, per la prima volta da 15 anni. Lo è anche nel punto più critico, il trafficato viale Gramsci a Firenze. Un’inversione di tendenza associata alle politiche ambientali decise finora. La cattiva è che siamo ancora lontani dai vincoli europei del 2030: per essere in regola, la presenza di questo gas andrà tagliata del 27%.
Inoltre, Firenze e Siena restano nella parte alta della classifica italiana delle città più soffocate dal biossido di azoto, dopo quelle del Nord. Un’altra ombra riguarda le polveri sottili, PM10 e PM2.5, particelle così piccole da penetrare in profondità nell’apparato respiratorio. Sebbene siano sotto il livello di allarme un po’ ovunque (fa eccezione la piana lucchese), da tre anni sono ferme alla stessa quota. Segno che, notano gli esperti, siamo giunti a una soglia endemica, sotto cui è difficile scendere.
Il dossier
A fare il punto è il rapporto “Mal’aria di città 2025” di Legambiente, che ha analizzato i dati rilevati l’anno scorso dalle 27 centraline di Arpat, l’Agenzia regionale per la protezione ambientale.
Scorrendo il rapporto, salta all’occhio il primato negativo per le PM10 di Capannori (Lucca), con 50 sforamenti giornalieri legati soprattutto all’ampio uso nel periodo freddo di caminetti e stufe a legna, “colpevoli” di alte emissioni di polveri sottili. Per l’ozono, gas dannoso che si crea da altri inquinanti per reazioni fotochimiche principalmente nella bella stagione, c’è un calo generalizzato, tuttavia va peggio nelle campagne di Firenze e Lucca.
Ma cosa influisce su ciò che respiriamo? «Pensiamo a una torta divisa in tre – risponde Fausto Ferruzza, presidente di Legambiente Toscana -. Il primo pezzo è il traffico veicolare, nel secondo mettiamo le attività industriali, agricole e zootecniche, mentre nell’ultimo la climatizzazione estiva e invernale. La proporzione tra le fette cambia in base al luogo. Nella Toscana rurale è maggiore l’impatto degli allevamenti, mentre nella piana fiorentina e lucchese incidono di più il traffico e il riscaldamento».
Malati di smog
A complicare le cose è il cambiamento climatico, anche con i suoi effetti sulle precipitazioni, sempre più intense e concentrate. «L’assenza di piogge costanti fa venir meno il fenomeno di pulizia dell’aria – spiega Pietro Rubellini, direttore generale di Arpat -. La mancanza di questo fenomeno, combinata al riscaldamento degli strati superficiali dell’atmosfera e all’aumento della pressione atmosferica, determina uno schiacciamento al suolo degli inquinanti con conseguente peggioramento della qualità dell’aria».
Secondo l’Agenzia europea per l’ambiente, l’Italia è il primo Paese Ue per morti connesse all’inquinamento atmosferico, con circa 50mila decessi prematuri ogni anno. Per cambiare aria, però, una strada da percorrere esiste, dice Legambiente, che con la petizione online “Ci siamo rotti i polmoni. No allo smog” chiede interventi al governo.
«In ambito urbano il tema è legato molto alla mobilità sostenibile, che non è basata solo sulla transizione all’auto elettrica – precisa Andrea Minutolo, responsabile scientifico di Legambiente nazionale -. L’obiettivo è la riduzione del parco auto circolante, pensando le città a misura di uomo e non di macchina». Quindi più investimenti nel trasporto pubblico, ciclabili, zone pedonali e servizi raggiungibili a piedi in 15 minuti, oltre al progressivo stop alle centrali termiche a metano e gasolio. E poi c’è la responsabilità dei singoli, nota Ferruzza di Legambiente Toscana: «Dobbiamo riflettere sull’impatto dei nostri stili di vita quotidiani. Partiamo da qui: chiediamoci se, per i tragitti che abbiamo fatto in questi giorni, era assolutamente necessaria l’auto. Non possiamo più permetterci di procedere così, va cambiato passo».