Una nuova pietra d’inciampo sarà inaugurata il 9 gennaio in via Ricasoli 24, alle 12.30, alla presenza dell’artista tedesco Gunter Demnig, ideatore di questa particolare forma di memoria. Ricorda la vicenda di Goffredo Paggi. Ebreo, nato il 25 dicembre 1913, lavorava come ragioniere al Consorzio della Bonifica del Medio Valdarno che lì aveva sede.
Il 7 dicembre 1943, poco più di 80 anni fa, dopo la presunta delazione di Alessandro Benucci, un collega di lavoro, Goffredo fu arrestato dalla polizia del commissariato Santa Croce di Firenze, guidato da Franco Barone. Per suo ordine e responsabilità, senza alcun tentativo di salvarlo, Goffredo fu trasferito nel carcere di San Vittore a Milano e da lì, il 30 gennaio 1944, deportato ad Auschwitz, dove morì presumibilmente dopo il 30 aprile 1944.
Racconta questo dramma La breve estate. Storia di Goffredo che nessuno poté salvare. Pubblicato nel settembre scorso da Panozzo Editore, è opera di Vera Paggi, ex giornalista Rai, cronista e autrice di documentari sulla storia del ‘900, lontana parente di Goffredo.
Il vero “cattivo” restò impunito
Il libro è frutto di una ricerca scrupolosa, partita dall’analisi di migliaia di documenti trovati negli archivi, di carte processuali, fascicoli personali, cartine, minute dei servizi segreti partigiani.
«Non è un saggio storico, ma un’inchiesta giornalistica, condotta con sguardo distaccato – spiega Paggi -. È nata per caso, perché quelle ricerche, che sembrava non avrebbero dato grandi frutti, hanno invece aperto uno straordinario spaccato sulla società fiorentina dell’epoca, sul mondo scomparso dell’economia ebraica, che dava lavoro a molti cittadini, ma soprattutto racconta di gente comune che poteva fare la differenza».
Alla fine, continua Paggi, «il vero “cattivo” risulta essere Franco Barone: persona molto chiacchierata, nonché amico del famigerato torturatore Mario Carità, per tutta la sua carriera ha seguito il vento del vincitore». Non fu mai punito per l’arresto di Goffredo, e negli anni ‘50 fece carriera all’ombra di un apparato amministrativo che aveva mantenuto ai loro posti molti dei vecchi funzionari collusi col fascismo o per ideologia o per interesse. Divenne questore a Vicenza e morì a Roma nel 1963. Benucci, il delatore, nel 1945 fu processato e assolto per non aver commesso il fatto: non sono mai state trovare prove della sua delazione.
Amore amaro
Dal libro emergono anche gli aspetti più dolci della storia di Goffredo, che in realtà la rendono ancora più amara. Goffredo era innamorato di una ragazza, Anna Caterina Dini. Fu per lei che rimase a Firenze, nonostante l’ordinanza numero 5 del 30 novembre 1943, che di fatto dava via libera alla deportazione di tutti gli ebrei che fossero stati trovati dai fascisti.
Durante le ricerche per la stesura del libro, ci racconta Vera, «ho incontrato Ermanno, il figlio di Alessandro Smulevich, il migliore amico di Goffredo, l’attore Roberto Visconti, figlio di Anna Caterina, che mai smise di amare Goffredo, e il pronipote del presunto delatore, Roberto Benucci, una persona simpaticissima, sceriffo in Florida, che sarà presente il 9 gennaio, in segno di espiazione per quella parentela imbarazzante. Durante gli incontri ci siamo emozionati e abbiamo concluso che il nazismo non ha vinto se eravamo lì, tutti insieme, a parlare di quelle vicende che hanno toccato le nostre famiglie. Alla fine, siamo diventati amici».
Nel libro c’è un Qr code che permette di accedere alle storie delle persone che hanno avuto a che fare con la storia di Goffredo, donando testimonianze importanti e toccanti. C’è anche quella della polizia scientifica di Roma che ha aiutato Vera a ricostruire l’identità fotografica di Goffredo.
Il libro
La breve estate. Storia di Goffredo che nessuno poté salvare, Rimini, Panozzo Editore, euro 15