Treni di altri tempi

Domenica 29 maggio si celebrano i 150 anni del treno storico Siena-Grosseto

Come non ricordare il Leonardo – alias l’attore Paolo Bonacelli- di Non ci resta che piangere che, alla fine del film, democraticamente suddivideva in percentuale i diritti dell’invenzione del treno a vapore con Mario, interpretato da Massimo Troisi, e Saverio, cioè Roberto Benigni? Ma la locomotiva a vapore ci riporta anche al fuochista anarchico Pietro Rigosi cantato da Guccini in una delle sue più amate canzoni, o ai passeggeri assassini dell’Orient Express descritto con maestria da Agatha Christie.

Insomma un viaggio nel passato, per un ritorno a un mondo che non c’è più. Proprio con questo spirito domenica 29 maggio si celebrano i 150 anni del treno storico Siena-Grosseto. Organizzato da Fondazione Fs in collaborazione con il Comune di Siena e quello di Montalcino (e con il patrocinio della Regione Toscana), l’evento rappresenta una vera e propria immersione nella storia, con una locomotiva a vapore che tornerà a sbuffare trainando vetture d’epoca su cui prenderanno posto, insieme ai vari partecipanti, anche alcuni figuranti in costume ottocentesco.

Ferrovia da film

Si parte da Siena alle 9 e si arriva a Grosseto alle 18.12 facendo fermate a Torrenieri, Monte Antico e Roccastrada. Ad ogni tappa i viaggiatori troveranno ad accoglierli sorprese (come i ciclisti dell’Eroica che si uniranno invece a San Giovanni d’Asso) e appuntamenti culinari.

Una ferrovia chiusa al servizio ordinario nel 1994 (riaperta poi nella primavera del 1996 come ferrovia turistica) ma che è rimasta una sorta di museo con stazioni e treni d’epoca, tanto che nel 2002 venne scelta come location principale da Carlo Mazzacurati per il suo bel film L’amore ritrovato, con Stefano Accorsi e Maya Sansa come protagonisti e con i volontari della Ferrovia Val d’Orcia utilizzati come comparse (compreso il presidente Stefano Maggi che impersonava il capo stazione di Monte Amiata).

Allo stesso Maggi, professore ordinario di Storia contemporanea all’Università di Siena ed esperto di trasporti, il compito di raccontare cosa rappresentò l’inaugurazione del tratto ferroviario Siena-Grosseto: «I documenti dell’epoca esprimono bene il significato della ferrovia: nel preambolo del decreto del novembre 1859, con il quale si prevedeva la costruzione della linea, si legge che “la strada ferrata doveva essere immediatamente costruita, perché niente poteva più efficacemente conferire al buonificamento delle Maremme”. Qualche anno dopo, nel maggio 1872, la deputazione provinciale di Siena definiva l’inaugurazione “un santo avvenimento”».

Una folla plaudente

Come venne accolto dagli abitanti del territorio coinvolto? «La ferrovia portava il progresso della rivoluzione industriale, apriva paesi e città allo sviluppo, garantiva un collegamento veloce e sicuro» spiega Maggi. L’accoglienza al treno fra Siena e Grosseto ce la racconta bene l’articolo comparso su “La Nazione” del 28 maggio 1872: «Tutte le stazioni della linea erano gremite di popolazione festosa e plaudente», mentre i sindaci dei paesi toccati salivano a bordo del convoglio, con le altre autorità, fra cui il ministro dei Lavori Pubblici Giuseppe De Vincenzi.

«Alle 9, il treno con alla testa due macchine coperte di fiori e pennoni e composto di 17 carrozze, muoveva per Asciano rallegrato per via dalla banda di Siena che prendeva posto nei due ultimi vagoni. Fatta sosta alla stazione di Asciano, che è la testa di linea della nuova strada, si prese la via per Grosseto».

La stessa gioiosa accoglienza che – speriamo – si ripeterà centocinquant’anni dopo quel “santo avvenimento” di modernizzazione della nostra amata Toscana.

Info

booking@visionedelmondo.com

La citazione

Non ci resta che piangere è un film scritto, diretto e interpretato nel 1984 da Roberto Benigni e Massimo Troisi, che ebbe un grandissimo successo di pubblico. Ancora oggi alcuni dialoghi sono usati nel linguaggio comune. Fra le scene più divertenti quella in cui i due attori spiegano a Leonardo da Vinci cos’è il treno. Il titolo dell’articolo cita la scena finale quando, nonostante le bislacche spiegazioni, il genio riesce comunque a costruire il treno, rassicurando i due sull’equa spartizione dei futuri guadagni derivanti dall’invenzione: appunto 33, 33, 33.

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