Draghi e cavalieri

La scuola di oggi fra paura e desiderio di resistenza culturale

L’idea di una cittadinanza consapevole è una cosa bellissima. Un mondo dove ciascuno “pensa” e si comporta di conseguenza perché sa cosa implicano le sue scelte e da cosa derivano. Purtroppo però appare molto lontano dalla realtà in cui viviamo, un’utopia quasi. Arriviamo da decenni nei quali l’idea di mondo che ha prevalso è un’idea utilitaristica, dove tutto è finalizzato al guadagno e mosso dall’interesse economico, e di questa pseudocultura siamo stati permeati. È una logica conseguenza che la scuola soffra, perché è stata piegata a una visione secondo la quale anche l’apprendimento deve essere finalizzato ad un obiettivo: si insegna la lingua straniera perché serve, l’economia perché è utile, la chimica per dar vita a nuovi prodotti. Alle materie scolastiche non viene più riconosciuto il loro compito principale, cioè aiutare a interpretare il mondo, a capire da dove veniamo, a scegliere dove andremo, in sintesi ad essere cittadini consapevoli. Questa concezione della vita, dove le cose hanno valore esclusivamente se sono utili e servono per raggiungere un obiettivo, fa sì che si diventi servi delle cose, non essendo più capaci di servircene.

Negli ultimi tempi poi è arrivata nelle nostre vite anche la paura. La società italiana sta attraversando una fase catabolica, per usare un termine greco che indica una società che si richiude in se stessa e si muove verso la disintegrazione, invece di essere anabolica, cioè capace di aprirsi e rinnovarsi. Gli antichi ateniesi erano ben consapevoli di quanto importante fosse per la loro polis aprirsi con curiosità e partecipazione a ciò che arrivava da fuori confine. Se prevale la chiusura, nasce la paura di ciò che è altro e diverso, lo si esilia invece di coglierne i frutti e avvantaggiarsi di questa diversità. È una regressione ad una fase arcaica, primitiva, dove la paura è dominante.

Non è stato sempre così: in passato c’è stato un tempo nel quale libri, arte e cultura non facevano paura. C’era sete di conoscenza. I ragazzi però ne hanno bisogno ancora oggi. Non è morta la voglia di saper pensare: nelle scuole e nella vita ci sono esperienze di resistenza culturale, ma sono casi rari, di resistenza appunto. Sta invece ai governi e alle istituzioni assumersi la responsabilità di riportare la scuola al suo ruolo, perché è inutile cercare di costruire una scuola che offra cultura se dal resto del mondo arriva un messaggio che alla cultura toglie ogni valore. E gli insegnanti? Sono come cavalieri con un’arma molto corta che cercano di abbattere un drago che sputa fuoco da ogni parte. Il fuoco si può spegnere ma serve una controffensiva adeguata, le armi devono essere quelle giuste ed è importante capire che per spegnere il fuoco è necessario abbattere il drago.

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